Ai piedi della frana di Fontana, in Val Bavona, dove i militari hanno creato una prima pista carrabile che supera (a volte letteralmente, visto che ci passa sopra), lo scoscendimento, si resta ancora senza parole. “È veramente impressionante quello che si vede da qui fino al Grotto Balöi, circa 600 metri più avanti”, dice Graziano Regazzoni, capo della comunicazione di impiego militare in Ticino. È lui ad accompagnare la RSI sulla breccia che si inerpica sui detriti dove sta salendo un camion militare. Con noi c’è anche Franco D’Andrea, membro dello Stato maggiore di collegamento dell’Esercito.
I sassi a fianco del percorso sono enormi e sono un problema. “A complicare il lavoro è la vastità e la dimensione della catastrofe - sottolinea D’Andrea -. Abbiamo questi massi immensi che devono essere distrutti e dobbiamo creare con un materiale un po’ più fine uno strato che sia almeno percorribile, se così si può dire”.
A lato della strada uno scavatore butta sassi in un macchinario. Ryan Pedevilla, capo della Sezione del militare ne spiega la funzione: “È un frantoio che è stato portato qui per tritare la maggior parte del materiale presente e così cominciare ad affinare parte del tratto stradale”.
La strada è di proprietà del Consorzio Val Bavona, ovvero del Comune di Cerio e delle Officine idroelettriche della Maggia, di cui Andrea Baumer è membro di direzione. “Questa è una pista in sé provvisoria - spiega il rappresentante dell’OFIMA - in attesa poi di definire un tracciato definitivo. Questo tracciato dovrà durare, stimiamo, almeno uno o due anni”.
Finita la salita, lo sguardo della sindaca Wanda Dadò si fissa sul vallone che ha scaricato la frana. “Ci sono alcune parti che da qui prima non vedevamo neanche. C’erano piante e ce le ritroviamo lì, così esposte. Riuscire a comprendere questa catastrofe, pensare a chi si trovava in quelle case. È stata una cosa veramente inimmaginabile”
Poco oltre, lungo il fiume, sulla sinistra, c’è un pozzo di captazione. Incredibilmente si è scoperto che è ancora alimentato da acqua sorgiva. Per la sindaca è un lavoro “urgentissimo da fare. Si tratta di deviare il fiume in modo che, quando ci sarà una piena, non venga contaminata la sorgente”.
La richiesta, spiegano i militari, è arrivata allo Stato Maggiore regionale di Condotta, discussa all’interno del Dipartimento del Territorio, che dovrà fare proprie valutazioni. “Ad oggi, con i mezzi che abbiamo a disposizione e data la puntuale richiesta, difficilmente sarà qualcosa che potrà essere eseguito nel corso di questa settimana e soprattutto dovrà essere valutato se l’esercito può fare questo intervento o se dovranno essere dei civili che interverranno appena il ponte sarà aperto”, è la risposta di Ryan Pedevilla.
Intanto ci si chiede quando le auto travolte e distrutte saranno rimosse. “Una volta informate le assicurazioni, intervengono i pompieri che fanno i controlli se c’è da svuotare benzina e oli. Una volta che giunge l’ok le porteremo via”, rassicura la sindaca uno dei militari.
Ci vorrà del tempo, invece, per poter guidare con una vettura intatta fino a valle, passando dalla nuova strada. “Oltre questa frana ci sono almeno tre grotti e sono chiusi. Questa per loro era la stagione, l’unica che dà il reddito perché sono a gestione familiare. Ci sono case primarie e dovremo valutare come aiutare queste persone”, dice ancora Wanda Dadò.
Alla domanda, di fondo, se la Val Bavona può rinascere la sindaca risponde affermativamente: “Secondo me sì. Siamo stati abituati a rinascere sopra i sassi e lo faremo anche questa volta”.