Qualcosa si sta muovendo sul fronte del tanto agognato Accordo fra Svizzera e Italia sull'imposizione dei lavoratori frontalieri.
Lo stesso Governo di Roma, in riunione oggi, giovedì, dalle 18.30, ha infatti preso in esame l'annoso e complesso dossier, per poi approvare, su proposta del ministro degli esteri Antonio Tajani, "un disegno di legge di ratifica ed esecuzione" dell'Accordo. È quanto ha reso noto lo stesso Esecutivo, presieduto dalla nuova premier Giorgia Meloni, in un comunicato stampa diffuso in serata.
Più nel dettaglio, come si legge nella nota governativa, la nuova normativa prevede, oltre alla definizione delle aree di frontiera, di "stabilire il metodo della tassazione concorrente" e di prevedere "un regime transitorio per i lavoratori frontalieri residenti in Italia che lavorano in Svizzera o che vi hanno lavorato a partire dal 31 dicembre 2018, ai quali si applica il regime di tassazione esclusiva in Svizzera fino alla data di entrata in vigore dell’Accordo".
L'attesa del Ticino
Fin qui, i tratti salienti del progetto di legge, che ora, però, dovrà essere sottoposto al Parlamento italiano. L'iter insomma riparte, e quasi un anno dopo l'approvazione da parte dell'Esecutivo italiano di un primo disegno di legge di ratifica dell'Accordo. Lo sviluppo odierno rimuove quindi un po' di incertezza, ma ci sarà comunque non poca strada ancora da percorrere. Come si pone intanto il Ticino di fronte a quest'attesa che continua? "Diciamo che siamo realisti" ha dichiarato stasera Christian Vitta, intervistato al Quotidiano della RSI. "Abbiamo" in Italia "un nuovo Governo e quindi c'è un iter parlamentare da dover seguire", ha osservato, aggiungendo, circa la prospettiva di aggiustamenti ex post, che questi comunque "sono paralleli e quindi non toccano l'Accordo in sé".
Il cantone si poneva due obiettivi in funzione dell'Accordo: da un lato guadagnare di più con le tasse e, dall'altro, rendere meno attrattivi i salari. L'Accordo, una volta entrato in vigore, fungerà allora anche un po' come regolatore di una manodopera frontaliera, che ha ormai superato le 77'000 unità? Su questo punto il responsabile del Dipartimento delle finanze e dell'economia (DFE) riconosce che uno degli obiettivi risiedeva proprio nel rendere "un po' meno attrattivo il mercato del lavoro ticinese in termini di pressione sui salari", rilevando che "se il frontaliere deve pagare le stesse imposte che paga il lavoratore italiano in Italia", ecco che evidentemente per lui il carico fiscale aumenta.
Quanto poi agli effetti dell'Accordo per le finanze cantonali, Vitta precisa che a corto termine non sono certo da preventivare benefici maggiori. Nei primi anni di entrata in vigore, "globalmente gli introiti si assesteranno su quelli attuali". Poi però "man mano che passeranno gli anni - e al momento in cui si entrerà in regime con l'Accordo, quindi dopo il 2030 - possiamo stimare alcune decine di milioni di franchi in più" nelle casse del cantone.
Il consigliere di Stato, infine, non si mostra preoccupato dall'ipotesi, lanciata oggi, della creazione da parte italiana di una zona economica speciale, a ridosso della frontiera. "Devo dire che comunque è una proposta che avrà ancora un iter da dover seguire", osserva, sottolineando che "quando si parla di regioni speciali su un territorio nazionale, chiaramente ci saranno altre regioni meno contente". Si tratta, in ogni caso, di un problema tutto interno all'Italia. "Noi dobbiamo concentrarci e curare le nostre condizioni quadro", afferma, ricordando che per il 2025 è prevista ed è stata già decisa dal Parlamento la riduzione dell'aliquota per le aziende. "Quindi siamo sicuramente interessanti per fare impresa nel canton Ticino", conclude il direttore del DFE.
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