Punti di raccolta d’urgenza, comunicazioni via satellite e allerte meteo puntali. Quello che è successo in Vallemaggia deve servire da lezione. Il Governo ticinese si prepara ad affrontare situazioni straordinarie. Nel frattempo l’esercito e lo Stato Maggiore Regionale di Codotta lasciano la valle. Continuano però i lavori di ripristino con Protezione Civile e numerosi volontari. Lavori che dureranno anni.
La tragedia ha segnato il Ticino. Gli eventi straordinari richiederanno accorgimenti specifici e indispensabili. A partire dal 1 gennaio 2025 verranno anche costituiti punti di raccolta d’urgenza. Nel frattempo continua la ricerca dell’ottava vittima, ancora dispersa, così come la messa in sicurezza delle zone a rischio. La raccomandazione ora è quella di prestare la massima attenzione alle allerte di Meteo Svizzera, così a come quelle cantonali e comunali.
Accorgimenti da adottare in futuro, mentre il presente richiede ancora tanto lavoro. Due sono i fronti principali ancora aperti: il Piano di Peccia, e poi la Val Bavona, dove la strada è ancora chiusa al traffico e dove i proprietari dei rustici ancora non possono accedere alle loro abitazioni.
Le telecamere della RSI sono salite a Fontana, in Val Bavona, in corrispondenza della prima frana che ha portato a valle 300’000 metri cubi di materiale. Il passaggio dei mezzi di trasporto è assicurato; la ferita qui è ancora impressionante e per questo i lavori continuano con una certa urgenza prima dell’arrivo dell’inverno. Da martedì, però, dopo 80 giorni di lavoro, l’esercito, terminato il proprio ingaggio, lascerà il campo alle ditte private che saranno coordinate dal dipartimento del territorio, con l’ausilio della protezione civile (che ora lavora su più fronti). Sono 80 i militi dislocati in varie squadre tra Valle Bavona e PIano di Peccia, dove il lavoro si svolge in quota. Sul piano, invece, a San Carlo, sono già stati ripuliti dai detriti 35’000 metri quadri di terreno, ma ne rimangono ancora 200’000 (per dare un’idea); l’alveo dei torrenti non si presenta più nella sua forma originale, ma almeno è stato messo in sicurezza.
Un paesaggio in parte da ripensare, non tutti i terreni saranno recuperabili per l’agricoltura, come da ridefinire sarà la nuova mappa dei pericoli naturali, che dovrà stabilire quali insediamenti saranno ancora possibili e quali no. Ma per questo ci vorranno mesi, se non anni.
80 giorni di intervento in Vallemaggia
SEIDISERA 16.09.2024, 18:22
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Lo Stato Maggiore lascia la Vallemaggia
Il Quotidiano 16.09.2024, 19:00