La fine della finestra di crisi ticinese significa anche la caduta delle restrizioni sui cantieri ticinesi, ma le misure speciali adottate per ridurre i rischi di contagio, che erano ben evidenti lunedì anche in aree vaste come quelle dove vengono edificati l'IRB di Bellinzona e il campus universitario USI-SUPSI, continueranno a influire sui tempi e i costi di costruzione. A Viganello, per esempio, erano attivi 80 operai su 120, con mascherina per tutti e entrate e uscite gestite con agenti di sicurezza e di polizia. Il progetto stava rispettando i tempi, ora il ritardo è di sei mesi e si prevede un sorpasso di spesa anche perché si entrerà più tardi nella nuova sede.
In giornata era attivo l'80% dell'edilizia ticinese, che continua a risentire anche della chiusura di buona parte dei valichi secondari, la quale rallenta l'afflusso della manodopera frontaliera.
La ripartenza è andata "abbastanza bene", secondo il direttore della SSIC Ticino Nicola Bagnovini. I lavoratori italiani "che hanno vissuto un'altra realtà, sono molto sensibilizzati, ma anche i nostri stanno capendo l'importanza delle distanze sociali sia durante il lavoro che in pausa". Il settore è cosciente che "se non dovesse andar bene si rischierebbe un nuovo stop molto dannoso per l'economia". I cantieri ticinesi saranno passati al setaccio dagli organi di controllo: SUVA, ispettorato del lavoro e polizia, ma anche per consulenza dagli ispettori della commissione paritetica cantonale.