La mobilitazione di mercoledì contro i tagli chiama direttamente in causa il Governo che ha messo a punto una “dieta” da 130 milioni di franchi. Sentito dalla RSI prima che il corteo arrivasse a Palazzo, il presidente del Consiglio di Stato Raffaele De Rosa ha parlato di “reazioni che vanno prese sul serio, che vanno rispettate e che comprendiamo anche”.
La situazione, ha continuato De Rosa, “rimane comunque difficile, nonostante il preventivo e le misure che sono prospettate. Resta tuttora un deficit di circa 100 milioni. Guardando al piano finanziario per i prossimi anni sappiamo che occorreranno ulteriori misure, per cui è importante trovare quell’unità di intenti e insieme anche ai vari partner, individuare quelle misure che possano essere il meno incisive possibile per le fasce di popolazione. Pensando soprattutto ai più vulnerabili e fragili che vanno protetti”.
Le critiche dei settori colpiti dalle misure
Ma cosa pensa delle misure chi si oppone ai tagli? “Sono sorpreso e deluso dall’azione del Governo perché questo settore in piazza non ci sarebbe dovuto essere e insieme a noi dico tutto il settore sociale in generale”, ha detto alla RSI Danilo Forini, direttore di Pro Infirmis Ticino. “Il Consiglio di Stato è perfettamente cosciente che ci occupiamo di popolazione fragile, che in questo momento è ancora più fragile vista la situazione socio-economica. Non si sarebbero dovuti toccare questi settori delicati”. Lo slittamento a gennaio della discussione sul Preventivo preoccupa Forini: “Il 1° gennaio il mondo non si ferma e noi dobbiamo continuare ad erogare prestazioni. Siamo preoccupati che questa incertezza vada avanti”.
Dal sociale all’educazione. “La situazione che si è creata è svilente per il corpo docente ed esperata da vent’anni di tagli”, dice Andrea Moser, presidente del collegio docenti della Commercio di Bellinzona. Alcuni istituti, come le scuole medie di Bellinzona 2, prevedono come forma di protesta la rinuncia alle attività extra-scolastiche. Qualcuno però osserva che così si penalizzano gli studenti: “Su tutto ciò se ne può discutere, non c’è l’unanimità. La questione di fondo è però che gli insegnanti non hanno più strumenti per dire che così non si può andare avanti”.
Infine, i dipendenti pubblici, il fronte più ampio del “basta tagli!” risuonato in piazza. Raoul Ghisletta, segretario del sindacato VPOD ricorda che “è la ventesima volta in 30 anni che sono toccati gli stipendi dei dipendenti pubblici. Più in generale oggi contestiamo questa politica finanziaria che è unicamente contabile, non guarda all’impatto concreto sulla popolazione”. Impostare una politica del “tagliamo su tutto”, salvo che sui redditi più bassi quelli al limite della povertà è - secondo Ghisletta - chiaramente una follia perché significa andare a colpire tutto il ceto medio. La maggior parte della popolazione che ha bisogno di questi servizi”.
Anche per il sindacalista Xavier Daniel, vice segretario cantonale dell’OCST è abbastanza chiaro che la coperta è corta: “Che la situazione sia difficile sicuramente è vero. Quello che però noi chiediamo è che questi tagli, o comunque le misure di risparmio, vengano fatte con un sistema strutturale, che permetta di avere una visione più a medio termine. Perché, a nostro parere, procedere in questo modo costerà più caro nei prossimi anni”.
Secondo Mattia Bosco, segretario cantonale e copresidente dei sindacati indipendenti ticinesi (SIT): “Il limite è stato raggiunto. Si parla già di tagli anche sul 2025, quindi le persone non sanno più come fare per manifestare il proprio disappunto. E questo è un modo per farlo”. L’agire del Governo, ha concluso Bosco, “va a demotivare il personale in un’epoca in cui si fa sempre più fatica a reperire manodopera qualificata. Non è sicuramente un bel segnale verso l’esterno”.
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Il Quotidiano 21.11.2023, 19:00