La grossa frana che domenica scorsa si è abbattuta sulla strada tra Pciöt e Buseno, in Val Calanca, ha tagliato fuori dal mondo diverse centinaia di persone. Soltanto ieri, venerdì, i lavori di ripristino hanno liberato la via, riaprendo la valle.
“Non è la prima chiusura che vivo nel corso degli anni” racconta ai microfoni della RSI Fosca, abitante di Rossa. A tal riguardo, ricorda che "anche quando ero piccola, alle elementari, c'è già capitato di andare a scuola con l'elicottero".
Per gli abitanti della valle non è dunque una novità rimanere isolati o dover ricorrere a spostamenti eccezionali per ovviare ai disagi e alle insidie che riserva la montagna. Questa volta, tuttavia, è diverso. “Permane un certo senso di preoccupazione” continua Fosca, spiegando che "comunque è una messa in sicurezza temporanea e ci si aspetta un qualcosa di più concreto" a lungo termine.
Una pretesa legittima che fa eco alle preoccupazioni alimentate dall’isolamento, durato più a lungo del previsto. "Avevamo pensato che nel giro di un paio di giorni saremmo riusciti ad evadere, e in realtà non è stato così", dichiara Liliana Mazzoleni da Arvigo.
La paura ha tuttavia lasciato spazio ad una sana e genuina solidarietà; sono infatti in molti a raccontare e a descrivere la convivialità nata in seno all’isolamento. Nessuno è rimasto indietro, "ogni paese si è mosso" - ricorda sempre Liliana - tra chi organizzava pasti e distribuiva beni di prima necessità. Non solo: di fronte alla calamità "spontaneamente le persone si sono offerte per spalare la neve, per recuperare la legna o, appunto, per andare a prendere" i viveri, osserva Federica Fumi, un'infermiera rimasta bloccata in valle.
A monte, dunque, restano i timori e i dubbi degli abitanti che tornano a guardare con sospetto la montagna. A valle, tuttavia, rimane la consapevolezza di una popolazione unita e coesa, pronta ad aiutarsi nel momento del bisogno.