Ticino e Grigioni

Diop alla Spring Academy

La regista e documentarista francese è l’ospite d’onore de “L’immagine e la parola”, la rassegna del laboratorio cinematografico organizzato dal Locarno Film Festival

  • 16 marzo, 21:18
  • 16 marzo, 21:18

Intervista alla documentarista Alice Diop

Telegiornale 16.03.2024, 20:00

Di: Quot/sdr

“L’immagine e la parola”, costola primaverile del Locarno Film Festival, ha invitato Alice Diop alla Spring Academy organizzata dal Locarno Film Festival e dal Conservatorio internazionale di scienze audiovisive, in collaborazione con la Ticino Film Commission e con il sostegno di RSI.

La cineasta francese, Leone d’argento a Venezia per la regia con il film Saint Omer - dove racconta una storia vera su uno dei tabù più feroci della nostra società, l’infanticidio - resterà una settimana nel Locarnese a stretto contatto con giovani promesse del cinema.

“Sono convinta - ha riferito la regista parlando del suo ultimo lavoro - che il cinema permetta di dare alle domande sulla società una forma più comprensibile e così facendo le democratizza traghettandole verso un pubblico più vasto. Ecco che persone distanti fra loro possono essere maggiormente coinvolte rispetto a quello che possiamo fare se siamo chiusi nelle aule universitarie”.

Diop arriva il successo internazionale dopo diversi documentari che hanno ritratto la vita nei quartieri periferici di Parigi: è partita dalla sua famiglia, dal suo quartiere, filmando i caseggiati in uno stato di abbandono, le zone verdi inesistenti, le scuole di cemento e la mancanza di una rete di trasporti efficiente. Elementi, questi, che innescano la rivolta sociale e il cinema per Alice di Hope si fa strumento di analisi e denuncia.

“Quello che è accaduto a Clichy nel 2005 - commenta ancora - è stata una rivolta sociale. Con il mio documentario dedicato a questi fatti ho messo in discussione il racconto giornalistico, ho voluto dare parola e storia a coloro che hanno vissuto l’esperienza dall’interno, agli abitanti del quartiere, a quello che sentono e a quello che vivono. Il mio lavoro documentario è una sorta di resistenza al discorso dominante, discorso che consegna le persone scese in strada alla sola violenza e le racconta con uno sguardo accusatorio che ferisce profondamente. In fondo posso dire che per me il cinema è una sorta di riparazione, cerco di rimettere a posto le cose, credo”.

Correlati

Ti potrebbe interessare