Dal profilo penale, l’agire della polizia fu corretto. Sono le conclusioni a cui è giunto il procuratore generale Andrea Pagani, che per la demolizione dell’ex Macello di Lugano ha prospettato un decreto di abbandono.
A favore di chi? Le ipotesi di reato – ha appreso la RSI – sono state formulate contro un alto ufficiale della cantonale e contro ignoti, altre persone a cui cioè non è stato possibile addebitare le accuse.
Il funzionario è dunque finito – e si trova tuttora, fino a quando l’abbandono non verrà firmato – sotto inchiesta. Questo perché, quando le ruspe entrarono in azione, nella notte tra il 29 e il 30 maggio scorsi, ricopriva il ruolo di capointervento.
Resta da capire come mai Pagani non abbia ravvisato responsabilità di carattere penale. Perché non ci fu abuso di autorità? E come fu possibile demolire lo stabile senza avere ottenuto la licenza edilizia?
La procura motiverà la sua decisione. Quanto alla polizia, va detto che già in marzo la comunale aveva comunque interpellato l’ufficio preposto per chiedere se e cosa si potesse abbattere sul terreno dell’ex Macello. Si era attivata, al di là del fatto che l’iter amministrativo non avesse poi proseguito fino in fondo il proprio corso.
Non solo: il capointervento diede seguito a quanto deciso dal Municipio. Ottenne l’autorizzazione a procedere dalla capo Dicastero sicurezza, Karin Valenzano Rossi, che si era consultata con parte dell’Esecutivo. Anche questo aspetto avrebbe avuto, nelle valutazioni del magistrato, la sua importanza.