Da Odessa a Southampton, da Varsavia a Lisbona. In tutta Europa, tra la fine del Settecento e l’inizio del ventesimo secolo, centinaia di poschiavini fecero fortuna aprendo pasticcerie e caffè. La valle celebra queste storie di successo con una mostra dedicata alla loro dolce emigrazione. Un’esposizione che crescerà di giorno in giorno, fino al 20 ottobre, con il contributo dei visitatori.
“Abbiamo preparato una mappa interattiva su cui le persone possono fissare una bandierina – spiega alla RSI il direttore dei Musei Valposchiavo Giovanni Ruatti –, e su questa bandierina i visitatori che hanno una memoria familiare legata alle migrazioni possono segnalare il loro parente, il loro antenato e la città dove aveva la propria attività”.
Il legame con la Svizzera restava vivo grazie ai viaggi a Poschiavo. Lo ricorda bene anche Leticia Semadeni, nata e cresciuta in Spagna: “Noi andavamo dai nonni materni, che erano già rientrati a Poschiavo, perché il nonno si era pensionato a 40 anni a Vigo, dove aveva avuto il Café Suizo, e con loro si parlava spagnolo”. Un Cafè suizo è stato allestito anche nel museo poschiavino, con gli aromi e gli oggetti che raccontano l’atmosfera d’un tempo.
“La storia della mia famiglia è abbastanza interessante – ricorda da parte sua Renata Zala –, perché erano tutti pasticcieri ed erano sparsi in tutta Europa, mentre mio nonno è nato in America. Qua a Poschiavo non c’era abbastanza per vivere e allora tutti hanno dovuto emigrare”.
E dopo il successo all’estero, il ritorno al paese natale, portando con sé ricchezza e un grande bagaglio culturale. Nasce così un intero quartiere di residenze moderne e luminose: i Palazzi. “Hanno portato un altro modo di vedere il mondo, hanno cambiato il paese, che era prettamente contadino” dice ancora Renata Zala.
“C’è stata una migrazione e poi un ritorno, con un grande apporto di culture estere, che sono state poi incorporate lentamente portando frutti nuovi” conclude Leticia Semadeni.