Una sociopsichiatria pubblica che vuol essere attenta, inclusiva e di qualità, che possa davvero migliorare la vita delle persone con disturbi mentali. In occasione della giornata mondiale della salute mentale l’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (OSC) ha presentato la sua nuova Carta dei valori, un documento che definisce la missione, la visione e i principi della cura per il futuro.
Il testo, una “declinazione dei valori fondamentali dell’OSC rappresenta una ‘conditio sine qua non’ della quale non potevamo più fare a meno”, lo ha definito il direttore dell’OSC Daniele Intraina. La carta è stata condivisa fra tutti i professionisti del settore e vuol essere un punto fermo, in un momento in cui la salute mentale sta diventando un’emergenza. “Contribuire con la propria mentalità ed emozionalità, con il proprio fisico, è un lavoro faticoso, delicato, che è quello della cura e del sollievo della sofferenza mentale”, ricorda Benedetto Zefiro Mellacqua, direttore medico della Clinica psichiatrica. “Un’esperienza questa che è sostanzialmente un processo trasformativo che riguarda tanto la persona che riceve le cure, quanto i curanti”.
Oggi sono circa 800 i collaboratori dell’OSC, con una presa a carico di oltre 1’100 pazienti all’anno, che coprono tutte le fasce d’età, una ventina i presidi sparsi in modo sempre più capillare il territorio. “Quello che abbiamo potenziato quest’anno è ricoverare i pazienti presso il proprio domicilio. Significa che noi abbiamo un’équipe che interviene nelle situazioni acute a casa del paziente, analogamente a quello che succederebbe nel reparto della clinica”, spiega Magda Chiesa, direttrice delle cure dell’OSC.
Ad esempio nel Bellinzonese, due anni fa, è stato avviato un progetto pilota di trattamento a domicilio che ha dato buoni risultati, per cui proprio in queste settimane lo stesso è stato avviato anche nel Luganese. “Questi progetti - osserva Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimento della sanità e socialità - sono esemplari perché permettono di riorientare le risorse che prima erano focalizzate sulle cure stazionarie, sul ricovero chiuso del paziente. Queste stesse risorse vengono ora messe a disposizione del territorio”.
Consentendo anche un trattamento meno traumatico del paziente, poiché non viene interrotta la sua quotidianità.