Ticino e Grigioni

Infermieri cambiati dalla pandemia

Dopo gli applausi e un'iniziativa per migliori condizioni di lavoro, anche in Ticino si comincia a sentire la carenza di personale - L'intervista ad Annette Biegger dell'EOC

  • 12 gennaio 2023, 05:50
  • 20 novembre, 12:11
05:07

Come il Covid ha cambiato il mondo infermieristico

SEIDISERA 11.01.2023, 19:36

  • Immagine d'archivio Tipress
Di: SEIDISERA/Ierace/Pa.St. 

Durante la pandemia il personale infermieristico ha ricevuto molti applausi. E il 28 novembre del 2021, i cittadini svizzeri hanno espresso il proprio chiaro "sì" all'iniziativa per migliorarne le condizioni lavorative. Anche nelle scorse settimane - con influenza, RSV e Covid - negli ospedali l'attività è stata intensa. Ma cos'è cambiato dal voto? La RSI ne ha parlato con Annette Biegger, responsabile dell'Area infermieristica dell'Ente ospedaliero cantonale (EOC).

"Abbiamo avuto degli anni intensi con la pandemia, ma ancora adesso con tutti i pazienti che dobbiamo curare e con gli isolamenti le condizioni di lavoro sono diverse rispetto a prima della pandemia. Abbiamo dovuto cambiare il nostro modo di pensare e di lavorare" dice Biegger.

Cos'è dunque cambiato?
"La pandemia ha portato un altro approccio al paziente. In precedenza c'era proprio una vicinanza fisica al paziente, che è anche parte del nostro lavoro. Con la pandemia tutto questo è cambiato, perché soprattutto durante la prima ondata abbiamo dovuto allontanarci fisicamente dal paziente. E questo ha avuto un'influenza importante sul nostro lavoro, che è basato sulla relazione".

Quanto, secondo lei, il netto "sì" all'iniziativa popolare è stato condizionato dal Covid?
"Anche se mi dispiace doverlo dire, la pandemia ha contribuito molto a dare visibilità alla parte infermieristica. Noi abbiamo sempre detto che gli infermieri c'erano prima e durante la pandemia, e ci sono anche dopo. Auspico che anche adesso questa visibilità rimanga nella popolazione".

Ma perché la professione dell'infermiere ha sofferto e forse rischia ancora di soffrire di questa invisibilità? Tutti noi, in un modo o nell'altro, abbiamo contatto con gli infermieri...
"Come infermieri, noi siamo abituati ad adattarci alle esigenze della popolazione: il nostro compito è curare i pazienti che arrivano, non di metterci in prima linea. Non siamo una categoria che vuole emergere come professione. Noi vogliamo emergere per quello che facciamo per i nostri pazienti, per la nostra popolazione. Il nostro difetto è forse che non puntiamo tanto alla visibilità".

Durante la pandemia, c'era forse un po' di ipocrisia negli applausi?
"No, non penso. Penso che in quel momento c'era proprio la gratitudine nei confronti di coloro che davano veramente tutto. E lo abbiamo fatto davvero".

Qual è la principale criticità con cui siete confrontati oggi?
"Anche in Ticino cominciamo ad accorgerci della carenza di personale. È un aspetto che i nostri colleghi della Svizzera tedesca e francese stanno già sentendo in modo molto più forte. Siamo contenti di non essere ancora a quel punto, ma ci stiamo piano piano avvicinando. Questo è probabilmente dovuto al fatto che tanti giovani infermieri lasciano la professione dopo poco tempo, perché si accorgono di quanto questo lavoro è stancante e duro, fisicamente ed emozionalmente. Come EOC stiamo cercando di coinvolgere di più gli infermieri, di farli sentire parte di questo ospedale offrendo loro dei percorsi professionali e permettendo loro di capire come possono crescere all'interno della professione. E stiamo cercando di migliorare la leadership, perché abbiamo dei team infermieristici abbastanza grandi e abbiamo quindi bisogno di persone competenti che possano condurli professionalmente".

Una piccola provocazione: ma non basterebbe diminuire i carichi di lavoro o alzare gli stipendi per rendere più attrattivo il lavoro dell'infermiere?
"L'unico problema è che gli infermieri sono quelli che sono attualmente sul territorio, quindi bisognerebbe aumentare di molto gli infermieri. Non è però sempre una questione di numero. Si tratta anche di organizzazione e di motivazione. Non è solo una questione di stipendio. E comunque vogliamo degli infermieri motivati, che vogliono davvero fare questa professione".

Lei consiglierebbe a un giovane di intraprendere questa professione?
"Sempre e subito. È una professione bellissima che può fare la differenza, sia in una persona sia in una popolazione. È una costruzione di relazioni, è un continuo adattarsi. È veramente una sfida e una crescita personale e professionale unica. Sì, la consiglierei a tutti".

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