Marciare su Davos in segno di protesta contro il Forum economico mondiale (WEF). Una camminata pacifica di due giorni che - per la terza volta - a metà gennaio dovrebbe portare alcune centinaia di persone nella nota località retica. In attesa dell'autorizzazione da parte del comune, gli organizzatori hanno incontrato le autorità che, malgrado un dialogo positivo e costruttivo, avrebbero già messo alcuni paletti.
Troppi per i promotori della manifestazione, tra cui Claudio Berhnard del comitato organizzatore dello Strike WEF: “Le autorità ci stanno fortemente limitando. Per quanto riguarda la prima tappa Küblis-Klosters, anziché permettere la marcia sulla strada cantonale - spiega il giovane alla RSI - ci hanno proposto di usare un sentiero che non attraversa i paesi. In questo modo la nostra manifestazione perde visibilità. E anche per il secondo giorno - per il pezzo Klosters-Davos - ci è stato fortemente consigliato di prendere il treno su più tratti, tra questi anche alcuni sui quali nel 2020 era stato possibile marciare”.
La risposta: “Troppo traffico, troppi rischi”
A rispondere alle critiche dei manifestanti è il delegato del Governo retico per il WEF André Kraske: “Durante il fine settimana generalmente sulle strade c’è molto traffico, pensando soprattutto alla prima tappa. La strada cantonale è un asse centrale ad esempio per i mezzi di soccorso, e per questo abbiamo proposto delle alternative. E alcuni punti critici li nasconde anche la seconda tratta...”.
Sul tragitto proposto dai manifestanti, ad esempio, si trovano dei canali valangari. Per questo è stato consigliato di prendere il treno per alcuni pezzi. In ogni caso – sottolinea ancora André Kraske – “abbiamo sempre dato spazio alle manifestazioni e anche la stessa marcia invernale in passato è stata autorizzata. Vanno però considerate le necessità di tutti: dai partecipanti al WEF, ai residenti, senza dimenticare i turisti... noi dobbiamo garantire un giusto equilibrio e quindi è chiaro che non tutti i desideri dei manifestanti possono venir realizzati. Senza dimenticare l'aspetto della sicurezza”.
“Non siamo pericolosi”
Da parte del comitato Claudio Berhnard ribatte dicendosi dispiaciuto che le autorità li considerino un pericolo: “Molti del nostro collettivo non erano ancora nati quando ci sono stati gli scontri violenti tra polizia e manifestanti anti WEF. Per noi è quindi difficile capire perché abbiano tanta paura. Ciononostante - conclude l'attivista - ci atterremo alle indicazioni delle autorità”.