Non si placa lo scandalo degli abusi sessuali, emerso in tutta la sua ampiezza anche in Svizzera dopo lo studio pilota voluto da Vescovi e condotto dall’Università di Zurigo: 1’002 i casi di abuso documentati dal 1950 e una cultura di copertura e insabbiamento che ha favorito il ripetersi del male.
Oggi sono passati 9 mesi dalla pubblicazione della ricerca storica e nuove vittime si stanno facendo avanti, anche dal Ticino.
La Diocesi di Lugano era emersa dal rapporto come un caso anomalo, pochi casi di abuso erano venuti alla luce, documenti dell’archivio diocesano riferiti a sacerdoti problematici erano stati distrutti.
La parola liberata
Oggi parlano donne e uomini che erano rimasti fuori dai radar e che per la prima volta dopo decenni fanno emergere il dolore rimasto nascosto nella loro memoria personale.
“Mi ricordo proprio che piangevo, che avevo proprio quella sensazione di sentirmi sporca, mi chiedo come ho potuto lasciarlo fare e perché non ho fatto niente.”
“Ho capito che c’era qualcosa di sbagliato. Però sapevo anche che se l’avessi raccontato nessuno mi avrebbe creduto. “
Sono le parole di due donne, oggi adulte, che all’epoca degli abusi avevano 9 anni. Scoprono oggi di essere state abusate dallo stesso sacerdote a Novazzano e piangono. Piangono per dei sensi di colpa che ancora sentono su di loro e piangono scoprendo che il sacerdote responsabile era recidivo, era già stato condannato per atti sessuali su fanciulli e i vertici della Chiesa lo sapevano ma hanno taciuto. I loro racconti restituiscono la prospettiva delle vittime, che fino a tempi recenti mancava e permettono di fare luce sul sistema di potere ecclesiastico che ha favorito il ripetersi di abusi.
Il sistema di copertura
Il caso del sacerdote di Novazzano risale alla fine degli anni Settanta ed è paradigmatico per l’agire che ha avuto in quegli anni la Chiesa.
Godeva di grande rispetto e venerazione, era musicista oltre che religioso, e godeva della protezione del vescovo Martinoli. A fine anni ‘60 una prima segnalazione in Curia aveva fatto emettere al vescovo una “proibizione assoluta di ricevere ragazzi per dare lezioni”. Senza successo; nei 5 anni successivi 6 famiglie si rivolsero alla giustizia: venne condannato, ma non andò in carcere, bensì in un ospedale psichiatrico. Ma la vicenda non era ancora conclusa perché dopo un anno soltanto, venne reintegrato come aiutante della parrocchia a Novazzano e ricominciare da capo con il benestare del prevosto di allora che gli doveva fare da tutore, e del vescovo stesso. Un sistema di insabbiamento e di copertura come sono ormai noti a livello mondiale. “Questo è molto grave”, ci ha detto il parroco di Genestrerio don Oliviero Bernasconi che ai tempi operava nel Mendrisiotto e pochi anni dopo divenne vicario generale: “Ho un po’ l’impressione che di questi casi non ne vedevano la gravità e la pericolosità”, aggiunge.
Per anni comunque, anche in Svizzera, anche in Ticino, e anche in tempi più recenti la protezione dell’istituzione della Chiesa è stata messa davanti a quella delle vittime di abuso.
Gli archivi distrutti
E fa parte di questo sistema di insabbiamento anche la distruzione di documenti d’archivio.
Nella Diocesi di Lugano questa è avvenuta “nel nome della misericordia”, un sacerdote bibliotecario del Vescovo Torti fece pulizia su 100 anni di documenti contenuti nell’archivio segreto e riguardanti sacerdoti che avevano commesso atti sconvenienti per la morale della Chiesa o, appunto, abusi. Cancellati i documenti e cancellati gli indici che si sarebbero dovuti tenere: “Un errore madornale” ci dice l’ex vicario Bernasconi.
Per ricostruire i fatti le storiche e gli storici dell’Università di Zurigo devono ora appoggiarsi soprattutto alle testimonianze di chi è stato vittima o di chi era a conoscenza dei fatti. E fanno appello a donne e uomini a uscire dal silenzio a trovare il coraggio. (ricerca-abusi@hist.uzh.ch)
I cantieri della Chiesa
Oggi i sopravvissuti agli abusi usciti allo scoperto chiedono alla Chiesa lo stesso coraggio che hanno avuto loro; chiedono fatti concreti che vadano a scardinare quel sistema di copertura che ha permesso il ripetersi di abusi spirituali e sessuali.
E i vertici della Chiesa rispondono, puntano sulla trasparenza, parlano di risanamento delle fondamenta dell’istituzione. Hanno annunciato misure quali uno sportello indipendente per il sostegno alle vittime, un tribunale penale ecclesiastico nazionale, test psicologici per i nuovi sacerdoti. Basteranno e quando arriveranno? Ad attendere le risposte sempre più persone che alimentate dal dibattito pubblico stanno emergendo e chiedendo a gran voce di venire ascoltate e risarcite.
I cantieri aperti della Chiesa cattolica
Falò 06.06.2024, 21:30