Ticino e Grigioni

Materie prime, trading e contraccolpi

Analizzati al LAC i problemi del settore per la piazza luganese: “Il lavoro del trader oggi è sostituire le provenienze” – Una dozzina le aziende in difficoltà

  • 24 giugno 2022, 22:44
  • 20 novembre, 15:38
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Guerra in Ucraina: aziende in difficoltà

Il Quotidiano 24.06.2022, 21:00

Di: Quot/dielle 

In Ticino il settore del commercio delle materie prime deve fare i conti con le difficoltà date da un contesto internazionale turbolento. Questo settore si è sviluppato soprattutto nell'ultimo decennio e la piazza luganese è costituita da 120 aziende, che danno lavoro a 1’600 collaboratori e producono un gettito fiscale di 70 milioni di franchi.

A Lugano oggi il settore si è ritrovato per discutere di commercio di acciaio, nella Global Commodities conference, organizzata dalla Lugano Commodity trading association (LCTA) al LAC.

Il trading fatto da Lugano è quello di piccole società, che si dicono resilienti in un mercato per definizione globale.

“Il lavoro del trader d’acciaio oggi – dice ai microfoni della RSI il presidente della LCTA Matteo Somaini – è quello di rimpiazzare i flussi dalla Russia con altre origini, principalmente da Paesi asiatici, ma con la Cina esclusa, in quanto praticamente non sta esportando. Questa è una delle componenti dell’aumento dei prezzi di alcuni beni, che poi si traduce in inflazione.”

Il contesto internazionale è difficile e oggi a Lugano lo si è analizzato. Le banche -spiegano gli esperti – sono restie ad operare in “sentore” di Russia e questo si traduce in difficoltà soprattutto per le 20 ditte su 120 che lavoravano con Mosca e Kiev. Tra di loro c'erano però anche società riconducibili a due oligarchi finiti nella lista della SECO. “Purtroppo la realtà per il nostro cantone – controbatte ancora Somaini –, è che se queste compagnie dovessero alla fine chiudere rischiamo di perdere il know-how degli impiegati che hanno svolto questo lavoro per decenni con grande professionalità, competenza e integrità, indipendentemente dal problema legato all’individuo in cima alla scala.”

Ci sarebbe una dozzina di aziende in difficoltà: un paio - abbiamo saputo - sono andate in liquidazione, mentre altre sono riuscite a riprendere fiato. E poi c'era chi aveva già diversificato, come la Flame di Paradiso: 35 dipendenti, presenti in India e Vietnam, acquista carbone e lo rivende a centrali elettriche o cementifici.

“Abbiamo sicuramente subito delle perdite per quanto riguarda il mercato russo, di circa il 20% - spiega da parte sua Riccardo Talenti, operations manager Flame SA. C’è da dire che la nostra società, essendo molto presente sul mercato asiatico, è riuscita comunque a colmare questa perdita con l’aumento dei profitti su altri trade”.

Da fine agosto, secondo quanto previsto dalle sanzioni, entrerà però in vigore il divieto totale di commerciare il carbone russo. “Il mercato russo per il momento, e soprattutto da agosto, è considerato un mercato perso… non si sa quando si potrà a ritornare a trattare con la Russia” afferma in conclusione ancora Talenti.

Nella guerra sul gas russo in Europa, Germania in primis, il carbone è intanto tornato in auge.

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