Un’iniziativa socialista ha chiesto di modificare il sistema degli assegni famigliari, così che le famiglie con figli minorenni non debbano ricorrere all’assistenza sociale. La proposta è stata respinta a maggioranza in Gran Consiglio lunedì.
In Ticino sono quasi 1’300 le economie domestiche con almeno un minorenne che hanno ricevuto l’assistenza sociale. La metà di queste sono famiglie monoparentali, soprattutto madri sole. Un numero in costante crescita. Un numero che, un paio d’anni fa, ha portato a un’iniziativa parlamentare, primo firmatario l’allora deputato del PS, Raoul Ghisletta, per provare ad invertire la rotta. Nello specifico, parificando gli assegni familiari integrativi agli assegni di prima infanzia e modificando dunque la Laps, la legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali.
“La povertà infantile non ha solo ripercussioni negative sulla vita dei minori, ma produce conseguenze durature. È provato che chi vive in povertà da giovane ha un’elevata probabilità di consolidare questa condizione per il resto della sua vita, con conseguenze finanziarie per lo Stato”, ha argomentato Ivo Durisch (PS).
“Gli studi ci dicono che in Svizzera, per una famiglia che si trova in povertà possono servire fino a sei generazioni per uscirne. La nostra responsabilità è quindi di assicurare che nessun bambino debba affrontare la povertà per colpa delle scelte economiche altrui”, ha detto Danilo Forini (PS), socialista. Quest’ultimo ha anche ricordato l’esempio del Canton Friburgo.
Le argomentazioni dei socialisti non hanno però convinto la maggioranza del Parlamento. All’orizzonte vi era un’ulteriore spesa da affrontare. Il governo ha stimato 15 milioni di franchi annui per sostenere questo progetto. E poi in discussione c’era anche il ruolo dello Stato, come hanno sottolineato in aula Alessandro Corti, del Centro e il leghista Alessandro Mazzolini. “Se questa proposta di modifica venisse accettata tal quale, assisteremmo a cambiamenti significativi nella politica familiare e sociale del Canton Ticino. Lo Stato, che agisce in modo sussidiario e complementare a iniziative della società civile e della solidarietà intergenerazionale, senza sostituirsi perciò alle famiglie e alle loro scelte, diventerebbe uno Stato assistenzialista, venendo così meno al proprio ruolo naturale”, ha detto Corti. “Pur comprendendo quindi l’obiettivo finale, quello quindi di andare ad aiutare le famiglie in difficoltà, il semplice parificare gli AFI (assegno familiare integrativo) agli API (assegno di prima infanzia) non è per forza la soluzione più giusta nell’interesse di tutti i cittadini ticinesi”, ha dichiarato Mazzolini.
Insomma, si fa già abbastanza e lo ha ricordato anche il direttore del Dipartimento Sanità e Socialità, Raffaele De Rosa. “I dati della Statistica federale sull’aiuto sociale mostrano che nel confronto intercantonale il Ticino registra, tra i minorenni, un tasso di aiuto sociale di molto inferiore rispetto alla media nazionale. Gli AFI e gli API raggiungono il loro scopo precisamente quando evitano che, a seguito della nascita di un figlio, la famiglia debba ricorrere a prestazioni assistenziali. È questo lo spirito e l’essenza della politica familiare, da sempre voluta e promossa nel nostro Cantone, che è anche fonte di ispirazione per altri Cantoni”.
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