Un cannone ad aria compressa che spara palline di ghiaccio anche a 110 chilometri all'ora. È quanto accade a Mendrisio in un laboratorio della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, il PVLab, dove i pannelli fotovoltaici vengono messi alla prova della grandine.
Un tema d'attualità anche in Ticino, in particolare dopo la violenta grandinata che alla fine di agosto ha colpito il Locarnese, distruggendo anche molti pannelli solari.
Una grandinata che venerdì è stata simulata in laboratorio. Con quali risultati? I ricercatori hanno constatato che la resistenza dei pannelli è migliorata. "I prodotti attuali - ha spiegato alla RSI Mauro Caccivio, responsabile del settore fotovoltaico SUPSI - hanno resistenze a chicchi che vanno dai 40 ai 50 millimetri. Per alcuni si parla persino di 60 millimetri. In un solo caso abbiamo riscontrato una resistenza a 70 millimetri".
Può però capitare che un vetro resista all'impatto meccanico, ma che le celle fotovoltaiche possano fratturarsi e generare problemi in futuro. È il caso di alcuni pannelli che erano installati a Losone: il 50% dei moduli si è rotto. "Apparentemente non vi sono danni, ma fotografie a elettroluminescenza che utilizzano l'infrarosso mostrano danneggiamenti importanti dovuti alla grandine" ha illustrato Caccivio. Danni invisibili che possono però generare anche un incendio.
Nel laboratorio SUPSI vengono studiati anche i comportamenti dei materiali in condizioni critiche. Si tratta di un progetto di ricerca finanziato dagli assicuratori svizzeri per meglio calibrare rischi e rimborsi. "La tendenza è di assottigliare gli spessori per risparmiare materiale e rendere più efficienti i pannelli. Ma assottigliando troppo, si aumenta la vulnerabilità del pannello" conclude Ezio Cadoni, responsabile del laboratorio DynamMat della SUPSI.