Il Ticino risulta effettivamente penalizzato dalla perequazione finanziaria intercantonale, afferma il responsabile della cattedra di macroeconomia ed economia monetaria dell’Università di Friburgo Sergio Rossi, in un’intervista pubblicata oggi da Le Temps.
A suo avviso però difficilmente il Consiglio di Stato e la deputazione ticinese alle Camere federali riusciranno ad ottenere l’appoggio di altri cantoni per far valere le rivendicazioni a Berna.
Da anni ormai il Ticino chiede di rivedere il sistema di calcolo per la ridistribuzione finanziari fra cantoni ricchi e poveri. Quest’anno riceverà 86,77 milioni di franchi, 17,2 milioni in più rispetto all’anno scorso perché si è “impoverito” rispetto alla media svizzera, ma nettamente meno di altri cantoni latini o sfavoriti.
La critica principale mossa dalle autorità ticinesi riguarda l’inclusione dei redditi dei circa 80’000 frontalieri nel potenziale delle risorse utilizzato nel calcolo fiscale procapite, senza tenere conto del loro numero. I lavoratori d’oltreconfine non consumano in Ticino, ma in Italia. Se Berna tenesse conto di questa realtà, ci sarebbe una notevole differenza, spiega al quotidiano romando il presidente della deputazione ticinese Piero Marchesi.
Il governo e i parlamentari ticinesi chiedono anche di limitare al 50% la quota di redditi dei frontalieri presa in conto nel calcolo del potenziale fiscale e l’introduzione di un’indennità speciale per i cantoni di frontiera. La deputazione alla Camere federali ha incontrato a fine 2023 la responsabile del Dipartimento federale della finanze Karin Keller-Sutter per esporre queste richieste e spera di ottenere l’appoggio di altri cantoni scontenti delle perequazione.
Anche Sergio Rossi concorda sul fatto che tenere conto del reddito dei frontalieri è un errore. “I frontalieri in Ticino sono in concorrenza con i lavoratori residenti, non sono complementari, come avviene a Ginevra o a Basilea. Di conseguenza, c’è dumping salariale; i salari sono sotto pressione e sono più bassi che altrove in Svizzera”.
Ci sono certamente fattori esogeni, ma anche il Ticino deve fare uno sforzo, secondo l’economista. Il cantone ha già abbassato le imposte per le imprese e ha da poco approvato una nuova riforma fiscale per ridurre le imposte per chi guadagna 300’000 franchi o più. “Non può quindi pretendere che gli altri cantoni si facciano carico delle conseguenze negative di queste scelte politiche”, aggiunge .
Rossi non vede quale cantone potrebbe unirsi al Ticino nella protesta. “Alcuni sono svantaggiati da caratteristiche geo-topografiche - un territorio fatto di montagne e valli, meno propenso ad attrarre imprese - simili a quelle del Ticino, o anche peggiori, come il Vallese o Uri. Ma ricevono già un contributo sostanzioso, quindi dubito che seguiranno l’esempio del Ticino, con il rischio di farlo a loro discapito”, ha sottolineato.
Suggerisce quindi di far valere alcuni fattori socio-demografici, come l’età media della popolazione, più alta in Ticino anche a causa della “fuga di cervelli” fra i giovani, per cambiare i criteri presi in conto nella ridistribuzione finanziaria.
Sussidi, casse malati e Preventivo: cosa cambia in Ticino?
SEIDISERA 09.02.2024, 18:08
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