Nella settimana dedicata alla lotta contro il razzismo, il centro studi di Trevano si è trasformato in un luogo di riflessione per gli studenti delle scuole ticinesi. In aule dove la multiculturalità è ormai la norma, il dibattito su razzismo e discriminazioni diventa cruciale. “Esiste ancora oggi e anche parlandone non diminuisce,” affermano gli studenti, mettendo in luce come il razzismo, spesso mascherato da battute, lasci segni profondi.
Esperance Hakuzwimana, attivista e scrittrice nata in Ruanda, ma cresciuta in Italia, osserva l’evoluzione della diversità nelle scuole, considerandola un segno positivo rispetto al passato: “Vedere tutta questa pluralità è bellissimo. Questi bambini vivono qualcosa che per noi era un sogno.” La sua attività si concentra sull’importanza di dare voce alle esperienze vissute, così che il racconto personale possa diventare uno strumento di cambiamento e comprensione.
“Oggi le classi sono molto più miste”, conferma Grace Fainelli, anche lei attivista e formatrice, figlia di mamma torinese e papà senegalese. “La diversità ha permesso di parlare di più delle tematiche come il razzismo e l’inclusione, ma questo non ha unicamente facilitato le cose”. Fainelli, oltre all’aumento del dialogo su razzismo e inclusione, bisogna considerare anche l’aumento delle sfide interculturali. Questo perché occorre “capire come interagire nel miglior modo con persone provenienti da molti Paesi diversi, che hanno culture tanto diverse tra loro e delle specificità alle quali bisogna rispondere in modo mirato”. Secondo la sua esperienza, la diversità arricchisce il contesto educativo, ma presenta nuove sfide per la gestione delle relazioni interpersonali.
Si può scherzare su un tema come il razzismo?
Il contesto ci può aiutare soprattutto a capire quando si è liberi di fare o di ricevere una battuta a sfondo razzista. Occorre domandarsi: “Chi è la persona che mi fa questa battuta? Conosce la mia storia? Sa chi sono? Abbiamo un rapporto profondo di amicizia o ci siamo appena incontrati? Siamo dentro un campo da calcio e nello spogliatoio, in un momento intimo, privato della squadra?”, osserva Hakuzwimana.
“Ho spesso ricevuto commenti razzisti, anche da parte di miei amici. Ho sempre saputo che il loro obiettivo era farmi ridere, non soffrire”, ricorda la scrittrice. “Ma a quel tempo non avevo gli strumenti per riconoscere il dolore che provavo”. La consapevolezza è uno strumento fondamentale per la crescita, per lo studio, nel confronto, “ma sono tutte cose che vanno costruite”, conclude.
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