"Quando sconfiggeremo il coronavirus? Abbiamo appena cominciato. Anzi, forse non abbiamo ancora veramente cominciato. Vediamo come vanno le prossime settimane. Sarà una battaglia di vari mesi".
Cosi Christian Garzoni, direttore sanitario della Clinica Luganese Moncucco e membro del gruppo operativo cantonale, ha fatto il punto lunedì sera in diretta sulla RSI, sui tempi della lotta al coronavirus, l'emergenza sanitaria iniziata in dicembre in Cina e che - con il primo caso del 25 febbraio - è ufficialmente arrivata anche in Ticino. Travolgendo le nostre abitudini.
Da allora sono passate due settimane. I casi ticinesi ad oggi sono 91. Oggi a Chiasso c'è stato il primo morto, una donna ospite di una casa anziani del Mendrisiotto che soffriva di altre patologie. E la strategia delle autorità cantonali si è modificata nel tempo, ma sempre secondo il principio della proporzionalità.
"Ormai siamo passati da una strategia di contenimento ad una di mitigazione", ha confermato Enos Bernasconi, viceprimario di medicina interna all'Ospedale regionale di Lugano. "Bisogna rallentare la diffusione del contagio per fare in modo che il picco sia il più piatto possibile. Solo cosi potremo affrontarla al meglio nelle strutture sanitarie".
"E' solo un'influenza", sostenevano in molti, in un primo tempo. "Hanno detto solo metà della verità", ha corretto Garzoni. "Perché per più dell’80% degli infetti è solo una banale influenza. Ma il 10% che fa complicazioni è un problema. E lo è pure il 5% che finisce in cure intensive; calcolando che una buona percentuale di questi ultimi ha bisogno pure di un aiuto con un respiratore". "Questo - ha proseguito - è il vero problema: poter gestire ed aiutare i pazienti nella fase critica".
Per avere dati certi sul tasso di mortalità è invece troppo presto. "Questo perché oggi non sappiamo quante persone contagiate non hanno sintomi e sono sane", ha spiegato Bernasconi. "Lo sapremo solo in un secondo tempo studiando il virus grazie alla analisi sal sangue. Dovremo stabilire se si sono sviluppati degli anticorpi".
Per ora non resta che affidarsi ai consigli pratici che le autorità stanno divulgando sui canali ufficiali. E che sono molto chiari. Tra gli altri: lavarsi spesso ed accuratamente le mani, evitare assembramenti e strette di mano... e naturalmente, se si hanno sintomi influnzali, contattare il proprio medico di famiglia.
Per i casi a rischio (ovvero chi ha avuto contatti stretti con una persona dichiarata positiva al Covid-19) poi scatta la quarantena. "E' qualcosa che in genere viene imposto, ma oggi ci appelliamo tantissimo alla responsabilità individuale. Quindi si raccomanda un auto-isolamento. La maggioranza delle persone infette diventa sintomatica entro cinque giorni. Quindi se in questi cinque giorni non succede niente, si può uscire dall'auto-isolamento", ha concluso Bernasconi. "In Svizzera si fa appello alla responsabilità del singolo, che poi diventa responsabilità collettiva".
Vivere ai tempi del corononavirus
Informazione 09.03.2020, 20:40
10.03.2020: Il confronto tra paesi con l'esperto