La transizione energetica - sul piano aziendale - avanza a rilento. Il recente fallimento della svedese Northvolt, che produceva batterie al litio, è la cartina tornasole della difficoltà dell’industria europea di innovare.
Per anni si è detto che i lavori verdi - i green jobs - sarebbero esplosi ma la realtà è un’altra. Il settore infatti è poco attrattivo - anche perché gli stipendi che si prospettano sono bassi. Infatti in molti casi questi lavori sono fatti dalle stesse persone che erano impegnate in lavori tradizionali ma che hanno dovuto acquisire molte più competenze. Di questo la RSI ha parlato con il professore Francesco Vona, che insegna economia politica presso il Dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università degli studi di Milano a margine di un congresso organizzato a Lugano. “È difficile classificare i lavori verdi (a parte i lavori verdi ovvii, come quelli nelle rinnovabili), perché ci sono tanti lavori che sono coinvolti nela transizione energetica, tanti lavori nelle costruzioni, nella gestione dei rifiuti, nella gestione dell’acqua. Questi lavori purtroppo non si trovano nei dati e quindi servono nuove metodologie per capire come identificarli”, spiega il professor Vona.
Potenzialmente molti lavori rientrano nell’economia ecologica però, di fatto, gli annunci di lavori verdi sono ancora pochi.
“Quello che definiamo verde in questo caso sono i lavori che contribuiscono ad abbattere le emissioni. Stiamo parlando nell’ordine del 3% della forza lavoro totale, che però ci aspettiamo cresca in modo molto forte nei prossimi anni”.
E quali competenze richiedono questi lavori verdi?
“Competenze legate al design, alla progettazione tecnologica ma anche legate proprio a come costruire una casa Smart e così via. Quindi competenze che richiedono una conoscenza scientifico-tecnica più alta rispetto a quella del lavoro non-verde nella stessa categoria”.
Più competenze però - e qui veniamo al tasto dolente - stipendi poco attrattivi...
“Esatto. Il problema vero dell’economia verde, purtroppo, è il problema di salario. Innanzitutto su questo è utile distinguere i lavoratori con qualifiche alte (quindi ad esempio ingegneri e scienziati) dai lavori con qualifiche più basse. I lavoratori con qualifiche alte se vanno a lavorare per un’impresa che fa tecnologie-verdi (lo dicono i dati) guadagnano meno che se andassero a lavorare per esempio, in finanza. Invece per i lavori poco qualificati - ad esempio nel settore delle costruzioni, che impiega molti lavoratori poco qualificati - si cominciano ad avere strozzature molto forti in termini di competenze nuove richieste da quel settore e quindi ci sarà una pressione verso l’aumento del salario. Il problema in Europa è chiaramente che quei settori, ad esempio le costruzioni, sono poco protetti dai sindacati e quindi la capacità contrattuale dei lavoratori per chiedere salari alti è più bassa, quindi bisognerebbe cercare di aiutare questi lavoratori con una regolamentazione. Ad esempio, negli Stati Uniti i sussidi all’economia verde sono condizionati al fatto che chi riceve il sussidio paghi i lavoratori, uno stipendio più alto di quello mediano dell’economia”.
Moreno Baruffini, ricercatore dell’Istituto di ricerche economiche dell’USI, è impegnato a misurare l’impatto di questa transizione verde in Svizzera. Gli studi sono ancora pochi, ma è già documentato che durante le fasi di crescita economica le professioni verdi crescono più di quelle non-verdi. Dobbiamo osservare che nell’economia le professioni verdi non sono ancora così diffuse in numero assoluto. Però questo risultato ci dà un po’ di speranza sul fatto che alcuni obiettivi di politica verde possano essere raggiunti”.
A livello di formazione si sta andando nella giusta direzione per fornire ai lavoratori queste competenze verdi?
“Sì e no. Non è facile stare al passo, perché alcune professioni nascono da un momento all’altro. Per esempio il tecnico delle turbine non esiste da moltissimo tempo, però, sia in Svizzera che in Ticino, se pensiamo alla formazione continua e anche ad alcune formazioni che sono offerte dalle università, si stanno uniformando a queste nuove spinte del mercato del lavoro. Pensiamo, per esempio, alla Casa della Sostenibilità di Airolo, dove la nostra università tiene corsi che per il momento sono opzionali riguardo queste tematiche di sostenibilità e di green tasks”. Baruffini conferma la problematica salariale. “In Svizzera spesso chi ha questo tipo di competenze va poi a lavorare nel settore finanziario, quindi ottiene dei buoni stipendi, ma non lavora più in un settore verde. Quindi la Svizzera sicuramente può investire su questo tipo di risultato, spingendo chi veramente si forma in professioni verdi a lavorare in alcuni settori verdi, che sicuramente dovrebbero avere magari una spinta sui salari”.
SEIDISERA del 14.12.2024
RSI Info 14.12.2024, 19:18
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