A Lugano si è parlato di povertà in Ticino, il cantone più esposto al fenomeno stando ai dati del 2021. Qui il 23,3% delle persone - quasi 1 su 4 - è a rischio povertà, cioè vive in un’economia domestica con una disponibilità che non raggiunge il 60% del salario medio. In Svizzera questa situazione accomuna invece il 14.6% delle persone, 1 su 7.
“Abbiamo la percezione di una precarietà che è in aumento in Ticino già dall’anno scorso”, spiega Simonetta Caratti del Tavolino Magico ai microfoni della RSI. “A inizio anno aiutavamo 12 mense sociali ma sono diventate 20 a fine anno”.
Le mense sono un termometro della situazione: distribuire cibo a chi ne ha bisogno vuol dire stare a contatto con la povertà. Una realtà invisibile, ma sempre più presente. “Quest’anno abbiamo vissuto un’impennata delle richieste”, prosegue Caratti. “La capienza non è stata più sufficiente e abbiamo dovuto aprirne due nuove per accogliere 300 persone”.
Una percezione condivisa da tutte le associazioni presenti a Lugano. Prima della pandemia, Soccorso d’inverno riceveva all’incirca 300 richieste di aiuto all’anno. Nel 2021 le richieste sono state 1’497 solo in Ticino
“Dobbiamo far capire alla gente che ci sono persone che non possono più partecipare alla vita sociale”, aggiunge Paola Eicher-Pellegrini, direttrice di Soccorso d’Inverno. “Non possono far giocare il figlio a calcio o mandarlo in colonia. Ci sono i working-poor, gli sfratti... Basti pensare che il 19% degli svizzeri non può permettersi una spesa inaspettata di 2’500 franchi. In Ticino, sono addirittura il 30%”.
Un fenomeno spesso sottostimato perché “in molti si vergognano della propria situazione”, aggiunge Eicher-Pellegrini. Vergogna ma anche mancanza di informazione sono i motivi per cui almeno il 40% dei potenziali beneficiari di prestazioni complementari non le chiede. Anche per questo, per le associazioni di aiuto l’obiettivo è fare rete.