Le cavigliere elettroniche da gennaio del 2022 possono essere usate per proteggere le vittime di violenza domestica o di stalking, monitorando chi ha fatto loro del male. Ma il loro uso, in Ticino, per il momento è veramente ridotto, come emerge da un servizio de Il Quotidiano: in circa due anni è stato usato solo due volte.
“Noi invece riteniamo che questa sorveglianza debba essere implementata”, spiega il granconsigliere Fiorenzo Dadò (Il Centro), “anche perché se guardiano, per esempio, le esperienze fatte in Spagna, queste sono molto positive. La Spagna oggi è il Paese in Europa col minor tasso di omicidi femminili”.
Il Governo, però, ha appena risposto che quest’esempio non è applicabile. In Spagna ci sono tribunali specializzati, una hotline nazionale attiva 24 ore su 24, 300 tecnici che controllano le cavigliere e non appena l’autore sgarra scatta l’allarme. Lì, 1 miliardo di euro è stato investito in 5 anni. La Svizzera invece è ferma all’ambito civile.
“Il codice civile prevede che la persona che si sente oggetto di lesioni, possa chiedere al giudice, in questo caso il pretore, di emanare un divieto di perimetro: ovvero di vietare alla persona che lede la sua personalità di avvicinarsi entro un determinato spazio, rispetto al luogo di lavoro, all’abitazione, eccetera”, spiega Monica Bucci, direttrice aggiunta della Divisione della giustizia. Il braccialetto elettronico, che è stato introdotto dal primo di gennaio del 2022, “permette proprio di verificare che il divieto di perimetro venga rispettato”.
Ma la verifica avviene solo a posteriori. E in due anni solo a due persone è stata applicata questa cavigliera in Ticino. Un sistema che non decolla neanche a livello svizzero. Forse ci vuole tempo per farlo conoscere e così Bellinzona ha sensibilizzato gli avvocati e sta preparando un flyer.
“I dati che abbiamo in Ticino rispecchiano la tendenza svizzera – continua Monica Bucci – questo dimostra che è una sorveglianza passiva. Questo, quindi, pone dei limiti, non ci si appresta a prevenire situazioni estremamente pericolose. Siamo sempre nell’ambito della procedura civile”.
“Non siamo per niente soddisfatti di questa situazione, ne discuteremo ancora in Commissione. La richiesta minima che faremo sarà di poter dotare le vittime che ne fanno richiesta di un braccialetto che avvisa in caso di pericolo”, aggiunge Fiorenzo Dadò (una sua mozione in questo senso è pendente, ndr.).
Ogni strumento è infatti utile per combattere quella che tutti chiamano piaga sociale.