Il primo ministro armeno Nikol Pashinian ha accusato l'Azerbaigian di aver commesso "atrocità indicibili" giovedì alle Nazioni Unite, una settimana dopo i pesanti combattimenti tra i due Paesi vicini e rivali.
"Ci sono prove di torture, mutilazioni di soldati catturati o morti, esecuzioni extragiudiziali e maltrattamenti di prigionieri di guerra, oltre a trattamenti degradanti dei corpi", ha dichiarato il primo ministro all'Assemblea generale dell’ONU.
Il ministro degli Esteri azero Jeyhoun Baeramov, che dovrebbe intervenire all'assemblea questo fine settimana, ha ascoltato impassibile.
Gli scontri, che hanno provocato quasi 300 morti, sono scoppiati il 13 settembre al confine tra i due Paesi, che si accusano a vicenda per i combattimenti, i più violenti dalla guerra del 2020. Negli ultimi giorni è tornata una relativa, ma la situazione rimane tesa tra le ex repubbliche sovietiche rivali, tanto che le parti si accusano a vicenda di aver violato il cessate il fuoco causando i nuovi scontri di questo venerdì mattina lungo la frontiera comune.
Un conflitto che parte da lontano
La guerra del 2020 per il controllo dell'enclave del Nagorno-Karabakh ha causato più di 6’500 morti e ha portato Erevan a cedere il territorio a Baku. Mosca ha dispiegato una forza di pace nella regione dopo il conflitto. Prima del 2020, l'Armenia e l'Azerbaigian si erano già scontrati negli anni '90 per il Nagorno-Karabakh, una guerra che ha ucciso più di 30’000 persone. Il Nagorno-Karabakh è un'enclave popolata da armeni ma situata in Azerbaigian.