A Belgrado, dietro la stazione ferroviaria, un deposito abbandonato da più di un anno era diventato l’accampamento dove 1.200 profughi (soprattutto afghani e pakistani) hanno trovato riparo nell’attesa di attraversare il confine. Le giornate all’interno delle Barracks (così è stato denominato l’ex magazzino) si consumavano nell’attesa, bruciando plastica per scaldarsi (le temperature sono arrivate anche a meno venti nei mesi invernali) e concedendosi una partita di cricket e due passaggi con il pallone per liberare la mente. Di notte, poi, l’avventura aveva inizio: raggiungere il confine croato o ungherese per lasciarsi alle spalle la Serbia e poter finalmente entrare in Europa.
L’11 maggio scorso l’insediamento è stato sgomberato. Il giorno prima si era proceduto alla disinfezione. Poi ha fatto seguito una completa demolizione. Alcuni dei profughi hanno deciso di andare nei campi governativi sparsi in tutta la Serbia (se ne contano 17), ma molti altri hanno fatto perdere le proprie tracce.
“Quello che ci preoccupa è che ci sono tantissimi minori non accompagnati, sono ragazzi preda dei trafficanti, sono fragili, e più volte hanno provato ad attraversare il confine e sono stati rispediti indietro”. A lanciare l’allarme è Mirjana Milenkovski, portavoce dell’UNHCR Serbia. “Per loro oramai è diventato un gioco – spiega -. Vince chi riesce a superare il confine e ad arrivare più lontano prima di essere catturato dalla polizia”.
Ed è un gioco che costa migliaia e migliaia di euro. Ad Ali, ad esempio, il viaggio dal Pakistan è costato 9 mila euro, ed ancora non è riuscito ad arrivare a destinazione, malgrado i ripetuti tentativi di attraversare il confine croato per entrare finalmente nell’Unione Europea. Ed è lui che ci svela le regole del gioco, e i vari tipi di “Game” a cui lui e i suoi compagni di avventura sono soliti partecipare. In palio c’è solo un premio: la prospettiva di una vita migliore.
Romina Vinci