"Noi registriamo la punta dell’iceberg, il grosso è sui social". A parlare è Michela Trisconi, direttrice della Piattaforma cantonale di prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento. Solitamente questo istituto si occupa di situazioni legate ad ambiti politici o religiosi, ultimamente però si trova anche a valutare i comportamenti di membri di movimenti pro o antivaccino coronavirus.
Negli ultimi giorni si è assistito in Svizzera a una escalation della violenza nelle manifestazioni contro le misure prese dal Governo, l’ultima in ordine di tempo quella non autorizzata svoltasi a Berna, dove alcuni hanno optato per lanciare oggetti e sparare fuochi d’artificio.
Una nuova realtà che ha però lo stesso DNA delle altre sino ad ora analizzate e conosciute: ossia l’uso della violenza per far valere o imporre le proprie opinioni. Come spiega Trisconi, nessuno mette in questione la libertà di esprimersi e protestare, il punto è in che modo.