Dopo l’incontro con il direttore del Centro Nazionale di Studi di Musica Popolare (CNSMP), Leo Levi portò avanti il suo ambizioso progetto di documentare sistematicamente le tradizioni musicali delle comunità ebraiche italiane. Era consapevole che queste comunità conservavano un patrimonio musicale vasto e variegato, che fino ad allora era stato in gran parte ignorato dagli studi accademici e dalle ricerche sul campo.
Tra il 1954 e il 1959, in un periodo di continui spostamenti che caratterizzarono gran parte della sua vita, Levi si recò più volte a Venezia per raccogliere, spesso affidandosi alla memoria degli anziani, il repertorio musicale del ghetto ebraico della città. Questo ghetto, il più antico del mondo, era stato originariamente creato per ospitare forzatamente le comunità ashkenazite e quelle di rito italiano, ma nel tempo si era trasformato in un crocevia culturale, un microcosmo dove convivevano diverse anime della diaspora ebraica. Nonostante i divieti imposti dalla legge, nel ghetto si erano sviluppati scambi tra ebrei e cristiani.
I brani raccolti da Levi, ora contenuti nei due CD allegati a un volume edito da SQUILIBRI, sono di grande interesse sia dal punto di vista musicologico e rituale, sia da quello storico. Essi testimoniano parte del rito sinagogale veneziano, che già all’epoca era stato in gran parte ridotto alla tradizione sefardita, sia di origine spagnola che levantina, e preservano frammenti significativi dell’antico rito ashkenazita, che oggi è scomparso del tutto. Per parlare di tutto ciò, Grand Bazaar ha invitato Piergabriele Mancuso, curatore della pubblicazione “Musiche della tradizione ebraica a Venezia: le registrazioni di Leo Levi” .
Musicista e ricercatore, Piergabriele Mancuso dirige il “The Eugene Grant Research Program on Jewish History and Culture in Early Modern Europe” presso il Medici Archive Project di Firenze e si occupa di varie tematiche inerenti il mondo ebraico.
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