Non un libro su Vasco quello di Enrico Minardi. Non una biografia, né una disamina critica, musicologica o sociologica su una delle più significative icone della musica italiana, ma un diario, una confessione, un flusso di coscienza che ripercorre l’iniziazione di un adolescente di provincia al rock duro e alla vita adulta. Libro anomalo. Per metà saggio accademico, per metà diario di una crescita segnata dall’esperienza del rock, come è capitato a milioni di coetanei, d’altronde, e fin qui niente di strano. L’autore, che insegna francese e italiano all’Arizona State University, indossa i panni dello storiografo della sua giovinezza e sforna un corposo saggio che è al tempo stesso un romanzo di formazione centrato sulla figura del cantautore in grado più di ogni altro di sedurre almeno due generazioni. Primo di sempre nella classifica degli album più venduti, davanti persino a Mina, Vasco vanta stuoli di fans in ogni angolo d’Italia anche se le sue canzoni, la sua voce inconfondibile, la credibilità del suo rock fracassone e delicato come pochi raramente ha varcato i confini nazionali. Una lunga e meticolosa introduzione teorico-metodologica ricostruisce le ragioni che invitano a esplorare le tante espressioni della popular culture; ciò che negli Stati Uniti, dove Minardi risiede e insegna da oltre vent’anni, è dato per acquisito ma non altrettanto si può dire per l’Italia anche se di passi avanti ne sono stati fatti. Dopo aver setacciato e restituito con chiarezza quanto di fondamentale hanno lasciato Gramsci, Eco, Deleuze, Barthes, Bachtin, Melucci, Fiske (e altri eminenti pensatori) agli studi sulla cultura pop, si passa al capitolo che dà il titolo al volume: il rock come esperienza legata agli anni di formazione e vissuta come conflittuale, fonte di sensi di colpa per un processo di identificazione che porta inevitabilmente al primato del desiderio e perciò stesso va ricondotto entro i binari della normalità. Esempio di scrittura che mescola storia e autobiografia, L’esperienza del rock - Vasco Rossi (Doppiozero) rappresenta – se possibile – un nuovo o comunque ancora poco diffuso format letterario in quanto scritto dal punto di vista del fruitore, a testimoniare la ricchezza di quella fan culture che gli studi culturali hanno posto da tempo al centro della riflessione sulla contemporaneità. Un effetto collaterale del libro, ci potrei giurare, è quello di riaccendere i fari sulla produzione del primo Vasco che, per quanto acerba e approssimativa sul piano tecnologico, per l’autore è la sola degna di attenzione, prima che il rocker si consegnasse a stereotipi e formule ripetitive.
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