Milton Nascimento ed Esperanza Spalding, sia pure con tutte le differenze che contraddistinguono un quasi ottantaduenne cantante e autore consacrato fra i maggiori esponenti della Musica Popular Brasileira (MPB) e una quasi quarantenne brillantissima bassista, cantante e compositrice statunitense (auguri a entrambi!), appartengono insieme a quella rosa aurea di musicisti (soprattutto jazz e fusion) che sembrano navigare al di sopra delle distinzioni di genere e alle piccolezze dell’industria musicale. Bravissimi, premiatissimi: il numero di Grammy Awards vinti è inversamente proporzionale all’insegnamento che i discografici sembrano trarre da tanta e tale qualità.

Milton ed Esperanza si sono conosciuti nei primi anni Duemila (presentati l’uno all’altra da Herbie Hancock) e qui si ritrovano a mettere insieme un album che documenta la varietà dei loro interessi e una parte significativa delle loro amicizie, con partecipazioni che vanno dalla flautista prodigiosa Elena Pinderhughes a Paul Simon, a Dianne Reeves, a Carolina Shorter (la vedova di Wayne Shorter) e una ricca selezione di ottimi musicisti brasiliani.
Come ci si poteva aspettare, il limite di questi incontri al vertice è che non ci si preoccupi affatto di comporre un quadro uniforme, e ci si lasci andare a una corrente impetuosa e irresistibile di varietà, alternando “classici” (come una cover abbastanza sorprendente di A Day in the Life di McCartney-Lennon, o una di Earth Song di Michael Jackson), esplorazioni virtuosistiche dei titolari dell’album o dei loro ospiti, riprese di vecchi successi, come la dolcissima Saudade dos Aviões da Panair (Conversando no Bar).
Probabilmente, un altro Grammy Award che si aggiungerà alla lista, e una serie di canzoni che andranno a finire in molte playlist.