La Germania chiuderà progressivamente le centrali a carbone entro il 2038. Dopo l'annuncio alcune settimane fa, oggi il governo di Berleino ha approvato la tabella di marcia.
L'accordo, tra il Governo e le imprese del carbone e i principali Länder coinvolti nell'attività mineraria, prevede una spesa di 40 miliardi di euro. Si tratta di uno stanziamento per la riconversione economica e per la perdita dei posti di lavoro.
Il Paese vivrà nei prossimi anni una transizione energetica molto importante: oltre all'energia derivata dal carbone, rinuncerà anche a quella nucleare.
Un intervento drastico a favore del clima, ma per le associazioni ambientaliste non è sufficiente. Salta inoltre all'occhio un paradosso: è prevista l’entrata in esercizio di una nuovissima centrale che utilizzerà questo combustibile fossile, a Datteln.
Dunque c’è chi bolla la decisione come tardiva, mal fatta (manca un vero piano di transizione) e forse anche inutile (la decarbonizzazione va affrontata a livello globale, non a livello di singoli paesi). C’è però anche chi plaude e parla di una decisione storica. In Ticino c’è poi anche chi chiede: che ne sarà della partecipazione di AET nella centrale a carbone di Lünen?
Ne parliamo a Modem con:
Walter Rahue, collaboratore RSI da Berlino
Alberto Clò, direttore della rivista “Energia”, già ordinario di Economia applicata all’Università di Bologna
Giovanni Leonardi, presidente del CdA dell’Azienda elettrica ticinese
Si va sull’uscita della Germania dal carbone entro il 2038 annunciata alcune settimane fa e la cui tabella di marcia è stata approvata oggi dal governo di Berlino.
Modem su Rete Uno alle 8.20, in replica su Rete Due alle 19.25. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSINews e RSIPlay
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