Una vicenda di violenza domestica è stata al centro di una sentenza emessa oggi, lunedì, alle assise correzionali di Lugano. L’imputato, un 34enne del Mendrisiotto, è stato giudicato responsabile di lesioni e sequestro di persona, ma era incapace di intendere e volere al momento dei fatti, in quanto affetto da un disturbo schizoaffettivo peggiorato da una dipendenza da cannabis. Così afferma una perizia psichiatrica. Una diagnosi che ha poi portato ad un’istanza che impone all’uomo un trattamento ambulatoriale come misura terapeutica.
I fatti risalgono esattamente a un anno fa. L’uomo, in preda ad una crisi psicotica, chiuse in casa la moglie, l’immobilizzò e poi la minacciò per una notte intera con un coltello, arrivando anche a ferirla ad una gamba. Tutto questo, in presenza del figlio di due anni. La crisi però rientrò e la donna venne soccorsa e curata dal suocero. Ma un secondo fatto, alcuni giorni dopo, portò all’arresto dell’uomo: rientrando da una cena con la moglie il 34enne, che fra l’altro è un pilota d’auto professionista, andò volontariamente a schiantarsi contro la sede del centro di pronto intervento di Mendrisio, rischiando anche di travolgere due poliziotti. La donna subì una ferita ad una caviglia, mentre il marito, in uno stato psicofisico alterato, venne trasportato alla clinica psichiatrica cantonale e collocato in una cella di sicurezza. Dopo il fermo l’uomo scontò poi 80 giorni di carcere preventivo.
Circa le motivazioni di questo secondo gesto l’imputato, in aula, ha affermato che quello era il suo grido d’aiuto: “Volevo far rumore e attirare l’attenzione per farmi aiutare”. Un sostegno che poi effettivamente ha ricevuto, riuscendo a disintossicarsi dall’alcol, di cui pure abusava, oltre che dalle sostanze stupefacenti. Ha inoltre ripreso la terapia farmacologica per gestire i problemi psichici.
Resta comunque la preoccupazione della coniuge: perché l’uomo, come ha ricordato l’avvocata Sofia Padlina, patrocinatrice della moglie, già nel 2022 aveva sospeso i farmaci in modo autonomo, arrivando poi ha commettere i fatti in questione. La donna teme, per se stessa e per il figlio, che la cosa si possa ripetere. E il fatto che il marito nei mesi scorsi abbia anche fatto richiesta di ottenere l’affido esclusivo del bambino - richiesta poi respinta dal pretore - va ulteriormente ad alimentare quello che la legale ha definito un “trauma emotivo inqualificabile”.