Diciotto anni di carcere da scontare e quindici anni di espulsione dalla Svizzera. È particolarmente alta la richiesta di pena formulata alle Assise criminali di Lugano, dove oggi (lunedì) si è aperto il processo contro un uomo accusato di aver tentato per sette volte di uccidere la moglie in oltre un decennio di violenze e sevizie, anche sessuali. La procuratrice pubblica Valentina Tuoni ha giustificato la richiesta di pena nei confronti del 36enne serbo residente nel Bellinzonese spiegando appunto che in ben sette occasioni l’imputato è arrivato a un nulla da uccidere la donna, un femminicidio solo sfiorato quindi.
La storia è una di quelle ormai già sentite fin troppe volte, una storia di “violenza normalizzata”, come è stata definita in aula. Il copione è come detto noto e già visto ed è anche il motivo per cui la vittima non ha denunciato prima: il carnefice non era un uomo qualsiasi, bensì suo marito, il padre delle sue tre figlie. Ed è per questo che la violenza domestica è ancor più subdola e atroce: si mischiano sentimenti, sensi di colpa, ricatti emotivi e legami familiari spesso difficili da sciogliere e a volte anche piuttosto ingombranti, è stato sottolineato in aula. Particolarmente significative sono alcune dichiarazioni della vittima, riportate dalla procuratrice pubblica e dalla sua rappresentante legale, l’avvocata Nuria Regazzi: “Non sono stata una brava madre – ha detto la donna – Perché ero una contraddizione vivente: portavo le mie figlie allo sciopero femminista e poi mi facevo picchiare in casa”.
L’imputato nega tutto
Da parte sua il 36enne si è difeso negando tutto: “Non ho mai picchiato mia moglie, non l’ho mai costretta ad avere rapporti sessuali”, ha detto più volte. Per lui questo processo è frutto di un complotto ordito dalla famiglia della moglie contro di lui. Una moglie gelosa che, secondo la sua versione dei fatti, preferirebbe vederlo morto o in carcere piuttosto che nelle braccia di un’altra donna. Si è vergognato solo delle amanti e delle minacce, anche se inizialmente le aveva negate.
È proprio sulla credibilità delle due parti che si gioca l’esito di questo processo e la sentenza del giudice Mauro Ermani. Da una parte ci sono delle dichiarazioni della donna – ma anche delle figlie – oltre a messaggi di minacce, referti medici e testimonianze di amiche, vicini e familiari, che confermano le violenze del marito. Dall’altra c’è l’imputato su cui pendono anche le accuse di truffa reiterata (alle assicurazioni) e di consumo di cocaina. Ma lui, come detto, nega ogni addebito ed è per questo che la sua legale, l’avvocato d’ufficio Elisa Lurati, ha cercato di smontare ogni accusa per poi chiedere il completo proscioglimento del suo assistito e un risarcimento per ingiusta carcerazione (l’uomo è in detenzione preventiva da oltre un anno). Mancano prove concrete, ha detto, e la sua vita non può essere rovinata dal desiderio di vendetta della moglie.
La sentenza dovrebbe arrivare giovedì pomeriggio.
RG 12.30 del 25.11.2024: Il servizio di Marcello Ierace sul processo per violenza nei confronti della moglie
RSI Info 25.11.2024, 12:51
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