Arte

Fosco Maraini, maestro del reportage etnografico

L’esposizione allestita a Villa Malpensata a Lugano, presenta 223 fotografie, alcune delle quali inedite, realizzate fra il 1928 e il 1971 in Europa e in Asia

  • 10 giugno, 12:04
  • 3 luglio, 10:20
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Fosco Maraini: un “miramondo”

Alphaville 07.06.2024, 12:35

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La fama di Fosco Maraini è legata principalmente ai suoi reportage entografici. Grande viaggiatore, ha immortalato l’altrove con la penna e la macchina fotografica. Nato a Firenze il 15 novembre 1912 da Antonio Maraini, scultore di antica famiglia svizzera (ticinese) e da Edith (Yoï) Crosse, scrittrice di padre inglese e di madre ungaro-polacca, Maraini ha dato corpo a un linguaggio fotografico pregno di umanità, producendo scatti capaci di restituire l’universo spirituale che all’istantanea della vita

A vent’anni dalla sua scomparsa, il MUSEC di Lugano celebra la fotografia di Fosco Maraini con la più ampia retrospettiva che gli sia mai stata dedicata, frutto di una ricerca avviata due anni fa che ha coinvolto sin dall’inizio le principali istituzioni che ne conservano e valorizzano l’opera. È così possibile assegnare definitivamente a Maraini il ruolo che gli spetta nella storia della fotografia e, al contempo, riflettere a più livelli sui valori portanti di una forma d’arte che oggi, di fronte alle nuove frontiere della tecnologia, s’interroga sulla sua stessa sostanza.

L’esposizione allestita sui due piani nobili di Villa Malpensata a Lugano, sede del MUSEC, presenta 223 fotografie, alcune delle quali inedite, realizzate fra il 1928 e il 1971 in Europa e in Asia. Ben 170 immagini ritraggono luoghi e genti dell’Italia e del Giappone, le due patrie di Maraini (perché per molti anni visse a Sapporo, nell’isola di Hokkaido): la prima per nascita e per cultura e la seconda per destino e affinità elettiva.

La scelta delle fotografie è frutto di una approfondita esplorazione degli archivi fotografici di Maraini, dalle centinaia di pubblicazioni illustrate che hanno permesso dapprima di definire i capitoli con cui strutturare il progetto, fino alle migliaia di negativi conservati dal Gabinetto Vieusseux di Firenze: tenuto conto delle «scoperte» in corso d’opera, dei negativi mancanti o inutilizzabili e delle scelte comparative, necessarie a garantire armonia e coerenza visiva, la selezione ha così preso corpo.

Il percorso della mostra, curata dal direttore del MUSEC Francesco Paolo Campione, mostra i diversi interessi della fotografia di Maraini: una fotografia di uomini e culture, di propensione verso l’infinito, di attenzione verso architetture d’interni in cui si riverberano le geometrie segrete del mondo interiore; di particolari che si svelano fra le trame di una realtà interpretata con intelligenza rara e descritta con una colta e finissima estetica. Sono immagini «carpite all’empresente», come Maraini amava dire con uno dei suoi sorprendenti neologismi. Immagini, cioè, colte in quell’attimo irripetibile in cui all’occhio è dato percepire le movenze del cuore e dell’anima.

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