I fregi del Partenone rimossi dagli inglesi a inizio 800 e portati a Londra sono in mostra al British Museum. Secondo il governo greco si trattò di un saccheggio, mentre Londra ha sempre sostenuto che le opere fossero state legalmente acquistate da Lord Elgin, allora ambasciatore inglese presso l’Impero Ottomano.
Recentemente pare si sia fatto un passo avanti importante. Il primo ministro inglese, infatti, ha detto che il governo non ha nulla in contrario a un eventuale accordo tra Atene e il British Museum.
Se i fregi del Partenone potrebbero quindi in un prossimo futuro tornare a ornare il monumento da cui sono stati tolti, la questione delle restituzioni di opere sottratte ai loro luoghi di provenienza continua ad essere una questione molto delicata e molto attuale . Non sempre, infatti, riportare un’opera nel luogo dove è stata creata è il modo migliore per farla conoscere o per darle valore.
«La questione è molto, molto delicata, perché si tratta certamente di un caso eclatante di restituzione che ha tutta una storia a sé stante, però apre a un discorso più ampio che riguarda tutte le eventuali altre restituzioni. Quante altre opere di altri musei dovrebbero ritornare a casa? Opere che sono state frutto di acquisizioni illecite di mercanti di sottobosco e tombaroli. Si rischierebbe di dover restituire tutto il Louvre. La questione della correttezza etica della restituzione si frappone a una storia gigantesca. Una storia che ha preso tutta un’altra piega nel corso poi di 200 anni: una storia culturale e museografica traghettata altrove. Per cui effettivamente si metterebbe in discussione anche tutto un altro capitolo che riguarda la cultura e anche la geografia culturale». (Chiara Gatti, storica dell’arte, curatrice e direttrice del MAN di Nuoro)
Occorre, dunque, considerare numerosi aspetti, oltre a quelli etici. Se prendiamo il caso del Marmi del Partenone, il British Museum ha sicuramente dato una visibilità, una protezione che forse la Grecia non avrebbe potuto garantire. Inoltre ha generato un turismo e una conoscenza altrimenti impensabili. Si ricordi ad esempio che uno dei primi ad ammirare i marmi di Fidia a Londra è stato nientemeno che Antonio Canova, che diede un’interpretazione meravigliosa di quelle opere, dicendo che non erano marmo, ma carne, cioè natura stupenda. Se i marmi non fossero stati portati a Londra semplicemente Canova non li avrebbe visti. Quindi c’è un tema anche storico e culturale che si proietta attraverso i secoli. Senza dimenticare poi il fatto che le grandi istituzioni garantiscono valorizzazione, restauro e protezione. Tutti fattori importanti che i paesi di origine probabilmente non avrebbero saputo offrire.
«Non dimentichiamoci che la Grecia è stata una delle nazioni conquistate dalla Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale. Sul Partenone ha sventolato la bandiera con la svastica. Cosa sarebbe successo se quei marmi (così radicali per un’idea di Occidente e di arianesimo) fossero stati ad Atene durante la seconda guerra mondiale? Ricordiamoci anche il fatto che il Partenone è un monumento che noi oggi ammiriamo in una condizione particolare, perché a noi piace vedere il cielo attraverso le colonne del Partenone, ma non è la condizione originaria del Partenone. Il Partenone è saltato in aria verso la fine del Seicento, durante un bombardamento da parte delle galere veneziane di Francesco Morosini. Quindi la storia ha delle ragioni che non possiamo eliminare con un cancellino». (Stefano Zuffi, storico dell’arte, saggista, divulgatore, collaboratore di Rete due)