«Le emozioni sono faticose, non sono farfalline nello stomaco che svolazzano, vanno gestite, vanno comprese, vanno rispettate».
Il nuovo progetto di Patrizia Pfenninger, artista ticinese nata a Zurigo, si intitola “Le emozioni non son roba da schizzinosi”. È già stato presentato presso “Artelier”, lo spazio d’arte alternativo a Lugano di Alex Dorici.
Più che sensazioni precise, le opere evocano un mondo, uno spazio interiore, spesso contorto, aggrovigliato, qualcosa che ci portiamo dentro, fra gioia e sconforto, fra alti e bassi, fra odio e amore.
«Non possiamo avere il controllo, non possiamo dedicarci totalmente a controllarle. Le emozioni hanno questa bellezza, ci costringono a perdere il controllo: se non lo facciamo, non riusciamo a vivere appieno un elemento della nostra vita».
Che il controllo sia un’illusione è un po’ il concetto al centro di tutto il progetto. Le opere, spesso fatte di cera o di metallo, non sono descrittive, sono una riflessione su quello che ci succede dentro. Possiamo vederle come una sorta di didattica o di educazione emozionale. E infatti, Patrizia Pfenninger vorrebbe portare il suo progetto nelle scuole del Cantone, per far riflettere ragazze e ragazzi sui loro sentimenti e sulle loro emozioni.
«È un percorso viscerale, ma deve diventare anche un discorso di condivisione. Sarebbe bello poter entrare nelle scuole, parlare con i ragazzi, far capire loro cosa significa avere emozioni, toccandole con mano, in modo tale che comincino ad avere anche più consapevolezza, che siano più presenti e decidano, con un altro tipo di approccio, le relazioni che desiderano instaurare davvero ».
Un’opera molto adatta alle scuole, ma anche ad altri luoghi pubblici, come piazze, lungolaghi, parchi, è “Il Tirabaci”. È una catapulta, serve a lanciare baci simbolici e obbliga chi la usa a riflettere sui sentimenti e sulla persona a cui si vuole indirizzare il gesto d’affetto.
«”Il Tirabaci” è un’installazione itinerante. Desidero che entri proprio nelle scuole, a contatto coi ragazzi. Viene da “Serial Kisser”, che è un’opera dove c’è un connubio tra una bocca e una lametta, a ricordarci che tutto quello che viviamo nelle emozioni, nella vita, nelle relazioni, può essere o estremamente buono o estremamente cattivo.
Insomma, il “Tirabaci” potrebbe sembrare un’arma, ma in verità è un messaggio d’amore: ti chiede di essere presente, quasi te lo impone, perché devi compiere un’azione, devi fare un lancio, devi sapere a chi stai tirando il bacio e perché lo stai tirando. Una parte di te deve essere presente. Non è solo esibirsi davanti agli altri, è una cosa molto intima che diventa anche collettiva e performativa».
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Il Quotidiano 12.06.2021, 19:00