Con una magniloquenza imperiale, la mostra presso la Fondazione Louis Vuitton di Parigi vuole massimizzare l’esperienza di fruizione dell’arte di Mar Rothko mettendo a disposizione del pubblico una ciclopica quantità di opere e presentare la carriera dell’artista come un percorso unitario e non come la sequenza di tre o due fasi inframmezzate da una scissione, uno iato, una forte discontinuità. Pur ambientata in una architettura che non agevola (il progetto dell’edificio è di Frank Gehry), la mostra riesce a esaudirci e a catturarci e insieme a fornirci importanti strumenti per vivere l’arte di questo artista. Il catalogo contiene inoltre una serie di saggi utilissimi.
L’arte spirituale di Mark Rothko in mostra alla Fondation Louis Vuitton di Parigi
La corrispondenza 12.01.2024, 07:05
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È specificamente difficile parlare del lavoro di Mark Rothko. Lo conferma, per esempio, Riccardo Venturi i frutti del cui lavoro sono preziosi e pubblicati in più volumi: «Ciò che interessa veramente Rothko - l’uomo e l’artista, se è possibile separarli - , ciò che egli vuole dipingere e trasmettere agli altri, è il dramma umano. È una preoccupazione che attraversa tutta la sua opera e che - espressa da una pittura liberata dal cavalletto e, a partire dalla fine degli anni 1940, esclusivamente attraverso l’astrazione - resta difficile da formulare a parole».
Mark Rothko, Self Portrait, 1936
Immigrato nel 1913 negli Stati Uniti quando aveva 10 anni, in fuga dalle azioni violente perpetrate contro gli ebrei in Lettonia, dove era nato; perso dopo un anno il padre, si costruì la vita candidandosi a percorsi di formazione dai quali dovette a un certo punto fuggire a causa delle situazioni ostili nelle quali si imbatté, come successe all’università di Yale. Il suo impegno intellettuale, fin da giovane, si organizza attraverso la lettura della filosofia (Nietzsche) e della letteratura classica (Eschilo, Dostoevskij) e attraverso la pratica del teatro. La riflessione, l’indagine sulla condizione umana vengono perseguite attraverso l’individuazione del soggetto e la sua presentazione in una scena, cioè in un ambiente dove questi viene messo a disposizione dello spettatore. L’abbandono delle dimensioni da cavalletto per dimensioni enormi, l’eliminazione della cornice del quadro sono scelte operate per ridurre la distanza tra il fruitore e il soggetto che vive nell’opera.
Il teatro è insieme una astrazione, una metafora, una presentazione traslata e artefatta della realtà. Si realizza attraverso personaggi, cioè soggetti verosimili almeno per alcuni aspetti (il Malato Immaginario, Casanova, Enrico IV) o tratti dall’immaginario e dal mito (Prometeo, Godot) oppure astrazioni o estrapolazioni come nel caso della glossolalia di Artaud. Così avviene nella pittura e nel percorso pittorico di Marc Rothko e così succede con il Self Portrait del 1933, con gli spettatori in Movie Palace del 1934 / 1935, con le persone collocate negli ambienti urbani e in particolare nella situazione della metropolitana (Entrance to Subway del 1938), con gli oggetti mitologici e surreali degli anni successivi (Slow Swirl at the Edge of the Sea, 1944) e poi via via, fino alla fine della sua produzione, con i soggetti fatti di solo colore e di una forma semplice, spesso non ben definita e volubile, in lavori che per titolo hanno un numero.
Mark Rothko, Black On Maroon, 1958
Quindi possiamo dire che Rothko fa in pittura ciò che noi conosciamo nel teatro e lo fa utilizzando un metodo preciso: appiattire i colori per non dare illusioni ottiche, ottenendo paradossalmente l’effetto di avere i campi cromatici che sembrano muoversi lungo l’asse della profondità, peraltro accogliendoci e respingendoci; utilizzare il colore essenzialmente come vettore della luce e cercare, attraverso gli strati di colore e la tecnica di stesura, di massimizzare l’effetto luministico così che noi davanti a un nero possiamo provare la sensazione di vedere il buio della morte e insieme una forte luce.
La reazione sarà sempre soggettiva, come è naturale di fronte a un lavoro così relazionale, e ciascuno di noi vivrà emozioni contrastanti; è la condizione umana.
Mark Rothko, The Ochre (Ochre, Red on Red), 1954