Arte

Mario Merz

Gli oggetti atterriti di uno dei principali esponenti dell’Arte Povera

  • 9 novembre 2023, 10:55
  • 2 gennaio, 09:39
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Mario Merz , Kunsthaus (Zurigo, 1985)

  • Keystone
Di: Emanuela Burgazzoli 

«Così Merz violenta gli oggetti e il reale con il neon. Il suo è un inchiodare drammatico, che atterrisce»: il critico d’arte Germano Celant così scrive nel suo celebre saggio intitolato Arte povera: appunti per una guerriglia, apparso nel novembre del 1967 sulla rivista Flash Art.
Merz, insieme ad altri artisti - Boetti, Anselmo, Prini, Paolini, Kounellis, Gilardi, Fabro, Pistoletto - appartiene a a quella tendenza poverista che si era delineata, in una serie di mostre allestiste in gallerie torinesi, alla fine degli anni Sessanta del Novecento.

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Maestro del “poverismo materico” insieme a Jannis Kounellis, Mario Merz, di origine svizzera nato a Milano il 1 gennaio 1925 e morto il 9 novembre 2003, si è consacrato dapprima alla pittura per poi approdare ai celebri “igloo”, realizzati con materiali quotidiani ed eterogenei, e alla famiglia di lavori basati sulla nozione di crescita esponenziale ispirata alla serie numerica di Fibonacci. Merz è stato anche tra i primi artisti contemporanei a sviluppare l’arte dell’installazione.

Dossier: “Venti anni senza Mario Mertz”

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Nel dossier curato da Alphaville le testimonianze della figlia Beatrice Merz, e della gallerista luganese Elena Buchmann; un approfondimento sulla poetica e il significato dell’opera di Merz, ma anche sulla vicinanza intellettuale e artistica con la moglie e artista Marisa Merz, grazie ai contributi dello storico dell’arte e saggista Francesco Poli, dello studioso Giorgio Verzotti e di Andrea Bettinetti, autore di un documentario sull’artista.

Innovativa, per l’uso di materiali comuni e per l’accento posto sull’aspetto progettuale, l’arte povera semplifica il linguaggio visuale all’estremo, riportando le opere allo statuto di “dati di fatto”.
Che cosa è rimasto di quel progetto, in un’epoca in cui l’arte interagisce con tutti gli ambiti della nostra vita quotidiana, ma sembra aver perso la sua capacità di essere linguaggio universale, trincerata troppo spesso nel discorso teorico? Arte per tutti o arte cristallizzata in un discorso autoreferenziale?
Arte militante o arte-spettacolo?
Su Rete Due, sabato 11 novembre alle 10:00, a Moby Dick ci si interroga allora proprio sullo stato dell’arte oggi.

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