Filosofia e Religioni

“Così io, scalatrice iraniana in esilio, lotto per la libertà”

Nasim Eshqi è una delle più famose alpiniste al mondo ed è un’attivista contro il regime in Iran

  • 12 maggio, 17:31
18:10

Nasim Eshqi

Strada regina 11.05.2024, 18:35

Di: Francesco Muratori 

«Mi ricordo che mio padre un giorno mi ha detto: “La prossima volta che vieni arrestata, non chiamare a casa. Se mi chiamano, dirò che non sono tuo padre perché non voglio venire dalla polizia morale, affrontarla e tutto il resto. Quindi, a meno che tu non abbia molta energia, dici: Va bene”.Ma io sono stata arrestata di nuovo, dobbiamo fare questo altrimenti nessuno, nessuno si preoccupa della nostra libertà».

A parlare a Strada Regina, trasmissione religiosa della RSI, è Nasim Eshqi. Nasim ha mani forti e unghie dipinte con smalto rosa shocking. È una pioniera dell’arrampicata all’aperto in Iran, dove le donne arrampicano solo su pareti artificiali durante orari stabiliti, solo tra donne e con l’hijab. Invece Nasim ha seguito il richiamo della natura e ha deciso di andare oltre tutte le barriere imposte dal suo Paese. Oggi è una delle più famose alpiniste al mondo (ha aperto numerose nuove vie), ed è un’attivista, in esilio, per i diritti delle donne in Iran e in tutto il mondo.

«In Iran, da donna, ovviamente lo sport non è davvero qualcosa di facile da fare, perché da bambina puoi praticarlo con gli altri. E poi pian piano, crescendo, lo sport è qualcosa che viene considerato uno spreco di tempo e anche i tuoi genitori non ti sostengono realmente. La società non ti sostiene nel continuare a fare sport. Ma ovviamente più ci avviciniamo alla natura, più siamo liberi. All’aria aperta, lontano, possiamo farlo senza alcun velo in testa, senza alcun controllo, siamo a contatto della natura, a meno che non arrivi la polizia… La montagna per me è, naturalmente, il simbolo della libertà. È LA libertà. Non solo un simbolo, perché ci fa conoscere noi stessi, fa capire i nostri limiti. E fa accettare le regole della natura».

Nasim Eshqi è determinata, diretta, sicura anche quando racconta del regime in Iran: «Per me, l’Iran al momento è in realtà una donna che ha molto potere perché le donne in Iran sono davvero consapevoli delle condizioni in cui vivono. Non accettano più l’oppressione sopra di loro. Anche perché hanno una cultura davvero forte e profonda, e la stanno già utilizzando. Il regime in Iran cerca di cancellare questa parte della nostra storia e cultura, ma è con noi, non ci possono fare niente. È nel nostro sangue. Quindi le donne in questi tempi in Iran, specialmente la nuova generazione, sono sveglie. Si oppongono a questa oppressione e stanno risvegliando il mondo. Per me, le donne iraniane, ovviamente sono ancora sotto oppressione ma stanno combattendo. E quando le guardo sia che siano in prigione, in esilio, o sia che vengano uccise o violentate dal regime, posso vedere che, nonostante tutto, hanno già vinto questa rivoluzione perché il loro cervello non è più qualcosa che il governo può controllare».

Il suo messaggio di libertà parte dalla condizione in cui ha vissuto ma oggi che in esilio scrive libri e tiene conferenze sente che le sue parole possono essere d’ispirazione per tutte le donne del mondo: «Vorrei dir loro che l’intera società e anche le regole sono tutte scritte dagli uomini e noi donne abbiamo si’ l’uguaglianza, cioè ci dicono che abbiamo l’uguaglianza, ma dentro delle regole che sono scritte dagli uomini e questo è ciò che dobbiamo fare in Europa riscrivere, rileggere tutte le regole».

Questa consapevolezza, nuova, è nata dopo la morte di Mahsa Amini, quando Nasim Eshqi, ha deciso di non poter stare più in silenzio. Sapeva che non sarebbe più stata in grado di tornare nel suo Paese. In 40 anni di vita in Iran non ha mai voluto lasciare il Paese. Ha perso molto della sua vita, tutto quello che ha costruito in Iran in 40 anni. Ma lo fa perché: «Così la gente non può più’ dire: “Non sapevamo”». E aggiunge: «Ci sono persone che hanno scritto contro il regime islamico o idee che sono state attaccate dagli estremisti al di fuori dell’Iran, come Salman Rushdie, ovviamente è un rischio parlare contro un regime oppressivo. Ma qualcuno deve farlo, se nessuno parla, chi parla? Se io non mi alzo io, chi si alzerà? Qualcuno si alzerà per me? Quindi devo alzarmi per me per gli altri. Anche se perdo qualcosa, devo parlare. Sono davvero stanca della società che mi dice: “Non parlare perché perdi i tuoi benefici”. Ma qual è il mio beneficio? Il mio beneficio è avere un buon lavoro? Ovviamente, Ok. Soldi? Ok. Ma questo non è il beneficio. Il mio beneficio è nella libertà che posso costruirmi da sola. E se non capiamo che il nostro beneficio esiste solo quando abbiamo la libertà, allora siamo sempre schiavi della società, siamo schiavi del denaro, siamo schiavi della manipolazione».

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