La sempre maggiore diffusione di pratiche di meditazione di vario tipo è un fenomeno indubitabilmente legato al disagio esistenziale che colpisce le nostre società, e di cui i segni esteriori più evidenti sono il consumo di sostanze stupefacenti e dei cosiddetti psicofarmaci.
«Tu non sai più chi sei, e questa è la principale causa del tuo male», diceva a Boezio in carcere la Filosofia: una constatazione che potremmo fare anche oggi, di fronte al vuoto lasciato dalla religione, in un tempo in cui la “morte di Dio” prevista da Nietzsche appare quasi completamente compiuta. Questo vuoto non è stato colmato neppure dalla psicologia – anzi, dalle psicologie, visto che ne esistono decine di “scuole” – né dalla psicoanalisi, ormai in crisi tanto di identità quanto di pazienti, per cui non è errato pensare che la meditazione sia proprio il tentativo di prendere il posto tanto della religione quanto della psicologia. Quel che però si deve previamente notare è che, mentre nel passato meditazione significava innanzitutto riflessione, pensiero - per cui ad esempio Cartesio intitolava Meditationes de prima philosophia il suo capolavoro - oggi ha preso un significato diverso, perché sempre accompagnato da un aggettivo: trascendentale, buddhista, cristiana, ecc.
È questo anche il caso del libro di Giovanni Giambalvo Dal Ben, L’orecchio del cuore (Le Lettere, Firenze 2025), il cui sottotitolo recita: In ascolto delle voci ispiratrici della Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana, in quanto raccoglie tre saggi, dedicati rispettivamente al monaco del quarto-quinto secolo Cassiano, alla trecentesca, anonima Nube della non conoscenza inglese e a John Main, il benedettino irlandese contemporaneo (1926-1982) fondatore appunto della WCCM (World Christian Community Meditation). Questi pregevoli saggi, accompagnati da ricche introduzioni e postfazione, offrono lo spunto per alcune riflessioni su un tema attuale.
Tradizionalmente, nel cristianesimo si distingue la preghiera, con le sue formule fisse (le “orazioni” tradizionali: Pater, Ave, Gloria, ecc.), dalla meditazione, che concerne le verità eterne e la legge divina. La meditazione è preparatoria alla contemplazione, con la quale la memoria induce l’anima a “vedere” le figure e forme del mistero. L’esempio più celebre e storicamente più rilevante sono gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola, nei quali troviamo, all’inizio, la meditazione sull’inferno, dopo la quale si contempla l’ Incarnazione, ripercorrendo con la «vista immaginativa» il viaggio di Maria e Giuseppe da Nazaret a Betlemme, la povertà di quella nascita, e così via per la figura di Cristo e le vicende evangeliche, fino all’ Ascensione. Oppure, più semplicemente, pensiamo a quella mirabile forma di meditazione che ha nutrito per secoli la pietà, popolare ma non solo: il rosario, in cui alla recita delle orazioni tradizionali si associa la contemplazione dei “misteri” della fede. Per praticare questa forma di preghiera e meditazione non si richiedono particolari tecniche, ma solo raccoglimento, devozione.
È stato il venir meno della credenza, tanto nella storicità dei racconti biblici quando nella verità della dogmatica tradizionale, a spostare la meditazione religiosa per così dire verso l’interno, rivolgendo l’attenzione prevalentemente alle facoltà dell’anima. Così la meditazione cristiana si accomuna sia a quella di altre religioni, sia a quella laica, rivolta alla ricerca del benessere psicofisico, data la grande diffusione della psicologia in ogni campo, ivi compreso quello religioso. Ciò è evidente anche nel rilievo dato agli aspetti tecnici della pratica meditativa - posizioni del corpo, respirazione, ecc. - e ai soprattutto meccanismi di assuefazione psicologica, come la ripetizione di formule, spesso definite mantra per la predominante influenza delle culture dell’ India.
È chiaro, dunque, che, come dicevamo all’inizio, la meditazione così intesa non ha più niente a che vedere con la filosofia, dato che questa è, nella sua più intima essenza, attività dell’intelligenza che non riconosce autorità al di sopra di sé, e quindi assoluta libertà. Nel momento invece in cui ci si inserisce in una dogmatica definita, è evidente che questo aspetto fondamentale dell’intelligenza viene meno, ovvero non v’è più filosofia. Ne sono consapevoli tutte le forme di meditazione contemporanea, che nell’assumere un aggettivo testimoniano appunto di essere all’interno di un contenuto determinato, per cui non pretendono affatto di fare od essere filosofia. Questo fenomeno rientra, peraltro, in un evento più ampio, davvero epocale, ovvero in quella “morte di Dio” che ha portato con sé anche la fine della fede come movimento dell’intelligenza verso l’assoluto, e con ciò la fine della filosofia in senso forte, tradizionale, ossia quella che - sottolineava Hegel - ha in comune con la religione l’oggetto, ovvero l’ Assoluto stesso, Dio. Il problema, e talvolta anche il dramma, del contrasto tra la libera ricerca autonoma, e l’inserimento, pur sinceramente sentito, in una dogmatica e in una istituzione che ne detiene il controllo, è, del resto, storicamente sempre sussistito.
La meditazione cristiana, di cui stiamo parlando, non vuole essere una metodica per autoconvincersi maggiormente di contenuti di cui si è già partecipi, ma difficilmente sfugge alla contraddizione sopra accennata, in quanto, presentandosi appunto specificamente in qualità di “cristiana”, rischia di non esercitare fino in fondo il lavoro dell’intelligenza, che è distacco e distacca, come insegnava Meister Eckhart (un personaggio che, sia detto per inciso, di meditazione e di metodiche non parla mai), e solo così guadagna l’universale dello spirito, davvero capace di illuminare l’esistenza. Per non ridursi ad una delle tante tecniche attuali a sfondo più o meno vagamente consolatorio, banalmente “psicoterapeutico”, la meditazione cristiana deve perciò assumere il suo aggettivo in un senso forte, non dottrinale ma spirituale: quello per cui Gesù, congedandosi dai suoi amici – non più discepoli – dice che è bene che se ne vada, perché, se non se ne va, non può giungere loro lo spirito, quello che li condurrà a tutta la verità (cfr. Gv 16, 7-13). Se la meditazione è cristiana in questo senso, allora è una via del distacco, e dunque movimento spirituale. Tale ci sembra l’ orientamento che guida anche il libro da cui abbiamo preso le mosse.
Perché vi sono sempre meno persone che seguono una religione eppure cercano risorse spirituali?
Controcorrente 28.01.2025, 11:47
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