Religione Virtuale

“Deus in machina”: Gesù parla ai fedeli da un confessionale

L’AI Jesus di Lucerna fa discutere - “Un’AI che risponde come Gesù può creare un momento sacro”, parola degli sviluppatori - L’intervista al teologo Marco Schmid: “Questa installazione artistica stimola riflessioni importanti”

  • Oggi, 08:00
  • Oggi, 11:16
MM_2024_11_25_Deus_in_machina_KI-Jesus_Peter_Diem_Hologram.jpg

L'ologramma dell'“AI-Jesus” nella Peterskapelle, Lucerna.

  • Peter Diem
Di: Elia Bosco  

Che l’intelligenza artificiale stia sempre più entrando in tutti gli aspetti della vita umana è ormai un dato di fatto. La sfera spirituale, tuttavia, sembra non poter essere di sua competenza proprio per l’intimità che tale ambito conserva. Anche se qualcosa sta cambiando. Lo testimonia quanto è accaduto a Lucerna. L’Immersive Realities Research Lab e la Sankt Lukas Gesellschaft con l’apporto dell’Università di Arti e Scienze Applicate e la Facoltà di Teologia, infatti, hanno sviluppato una copia virtuale di Gesù, programmata e nutrita di testi sacri, capace di parlare ben cento lingue diverse ai fedeli che si avventurano in questo progetto sperimentale situato, simbolicamente, nella Peterskapelle, la più antica chiesa cattolica della città.

Si tratta di un pannello olografico che simula l’aspetto e gli insegnamenti di Gesù. Come sottolinea la Katholische Kirchgemeinde Luzern nel suo comunicato stampa, contrariamente ad alcuni rapporti, l’AI Jesus non è mai stato destinato alle confessioni o alla salvezza pastorale. È stato, invece, un esperimento artistico che ha esplorato l’interazione tra tecnologia e spiritualità senza sostituire la confessione sacramentale. Come parte di questa installazione artistica, si sono svolte conversazioni in cui le persone hanno parlato con il Gesù virtuale delle loro preoccupazioni e hanno posto domande profonde sulla fede. Le circa novecento conversazioni, trascritte in forma anonima, forniscono uno sguardo ai bisogni religiosi e spirituali del nostro tempo, che spaziano dall’amore alla morte, dalla tristezza alla fede in Dio, sino ad arrivare a quesiti di natura sociale: “Troverò mai il vero amore?”, “Cosa succede dopo la morte?”, “Perché c’è così tanta sofferenza nel mondo?”, “Dio esiste veramente?”, “Qual è la posizione della Chiesa nei confronti degli omosessuali?”, e simili.

Le prime impressioni degli utenti sono perlopiù positive: «Ha potuto confermarmi dell’importanza di aiutare gli altri per avvicinarmi sempre più a Dio», ha dichiarato un utente. «Sono rimasta sorpresa perché è lucente nonostante sia una macchina. Ogni parola che pronuncia è sempre coerente con il messaggio biblico. Ne sono uscita davvero sollevata». O ancora: «Mi ha convinta che un motivo ragionevole per continuare ad avere fede è che essa permette di conservare la speranza. È stata una risposta molto illuminante per me», ha affermato una signora. Secondo un sondaggio, più di due terzi degli utenti considerano l’incontro con il Gesù virtuale una vera e propria esperienza spirituale.

Non manca, com’è ovvio, lo scetticismo. Il professore di etica Peter Kirchschläger considera il progetto come un ottimo modo per stimolare riflessioni, ma niente di più: «Dovremmo stare attenti nel concedere a una macchina il dominio della sfera religiosa umana. Il regno interiore, spirituale della fede che ognuno di noi coltiva è un fenomeno squisitamente umano, e deve rimanere di competenza umana per il bene degli individui».

MM_2024_11_25_Deus_in_machina_KI-Jesus_Peter_Diem_Installation.jpg

Ecco come appariva l'installazione Deus in machina alla Peterskapelle

  • Peter Diem

Abbiamo incontrato Marco Schmid, teologo che ha collaborato al progetto “Deus in machina”.

L’intervista

Come valuta la risonanza mediatica del Gesù virtuale?

I giornali locali se ne sono occupati molto. Non si può dire che i media svizzeri non si siano interessati. Mi ha stupito che il Blick non abbia fatto granché. In Ticino c’è stato un interesse della televisione, ma purtroppo si sono annunciati solo dopo che il progetto era già finito.

Come è nata l’idea di un Gesù virtuale e quali erano gli obiettivi?

Il fatto che un’intelligenza artificiale abbia un impatto concreto sulle nostre vite - sul nostro pensiero, sui nostri sentimenti – è una realtà concreta, anche se non ce ne rendiamo veramente conto. Dietro tutte le forme digitali c’è molte volte una AI. Dunque, se l’impatto sulle nostre vite esiste, esiste sicuramente anche un impatto sulla nostra religiosità e quindi come Chiesa dobbiamo interrogarci e metterci in discussione su questo tema. È sempre più frequente, soprattutto tra i giovani, confrontarsi con l’intelligenza artificiale come supporto anche emotivo e non solo strumentale. Ciò si lega molto al concetto di religiosità e alla funzione di supporto spirituale che la Chiesa ricopre. L’occasione ci è stata offerta dal Giubileo della Sankt Lukas Gesellschaft, una associazione che raggruppa teologi, artisti e architetti, che proprio quest’anno celebrava il centesimo anniversario. Ci siamo promessi di organizzare esposizioni in diverse chiese in Svizzera. Abbiamo parlato con il Research Lab dell’Hochschule di Lucerna, con cui noi già collaboriamo da cinque anni, per creare un progetto che guardi al futuro e che stimoli la riflessione su temi attuali. Per noi l’installazione del Gesù virtuale è in primis un’opera d’arte che ha chiaramente un impatto nella sfera pastorale. Abbiamo voluto capire principalmente come le persone reagiscono di fronte a un’intelligenza artificiale situata in un contesto intimo e religioso. La gente è capace di rispettare ed accogliere ciò che ci comunica una macchina dalle sembianze di Gesù? È molto interessante capirlo e ciò ha risonanze in diversi ambiti della vita, non solo in quello religioso. E poi, chiaramente, abbiamo fin da subito avuto l’obiettivo di stimolare la discussione sull’intelligenza artificiale nell’ambito ecclesiastico. È una soluzione buona, non lo è, come utilizzarla? È un tema che poi ha avuto una risonanza mondiale grazie al nostro progetto.

Il progetto è stato capito da tutti? Oppure ci sono state criticità nel dibattito internazionale?

Ci sono stati diversi esempi di fake news, provenienti soprattutto dall’America. Alcuni hanno iniziato a dire che il Gesù virtuale ascolta le confessioni e possiede l’autorità spirituale per assolvere i fedeli. Oppure che il progetto ha l’ambizione di sostituire i preti, diventati ormai inutili di fronte alla macchina. Sono tutte interpretazioni che non rispecchiano assolutamente il nostro progetto, dimostrano che non è stato capito a fondo. Ci sono state reazioni anche molto dure. In questo modo la discussione attorno al tema, per come l’abbiamo intesa noi, si storpiava. La domanda su cui l’installazione ti fa riflettere è l’utilizzo che si può fare della tecnologia, se è qualcosa di giusto o di sbagliato, quali conseguenze porta e quali soluzioni sono possibili nell’ambito della spiritualità. È un vero e proprio esperimento.

Perché dare una vera e propria fisicità all’intelligenza artificiale? Con quale scopo? Non si rischia di sfociare nell’idolatria?

L’intelligenza artificiale ha di per sé dei tratti umani. Sa parlare, sa ascoltare, sa ragionare. Noi ci siamo limitati a darle una forma concreta, umana. Potrei dire che qualsiasi film che tratta di Gesù rischia di stimolare il fanatismo. Quello che posso dire è che abbiamo avuto più di novecento conversazioni e nessuno ha realmente fatto una confessione perché era molto chiaro che fosse una macchina. Se poi qualcuno la confonde con qualcosa di reale, significa che manca senso critico. Nonostante questo, diverse persone hanno ringraziato spontaneamente il Gesù virtuale. Un fenomeno strano, che ci dice quanto umanizziamo la macchina anche senza rendercene conto.

Quali fonti avete utilizzato per sviluppare un’intelligenza artificiale che simulasse Gesù?

Siamo partiti da Chat GPT come fondo di raccolta dei dati. Poi abbiamo optato di limitare la sua conoscenza al Nuovo Testamento.

Come siete riusciti a rendere la macchina “empatica” e a simulare un dialogo autentico?

Il primo passo è stato fornirle un’identità. Le abbiamo detto: “Sei Gesù, parli con empatia alle persone, poni delle domande come farebbe un prete, fai riflettere il tuo interlocutore”. Sono tutte dinamiche proprie della conversazione pastorale. A questo proposito, sono molto interessanti i feedback degli utenti. Il 95% delle persone si è sentita rispettata dalla macchina. Questo dimostra che il Gesù virtuale sapeva rispondere in modo molto diplomatico e riflessivo, senza mai chiudere bruscamente la conversazione, ma anzi fare in modo che essa fosse un punto di partenza più che di arrivo. Più del 60% delle persone ha dichiarato di aver vissuto un’esperienza spirituale, religiosa.

Vede dei parallelismi tra la religione e l’intelligenza artificiale? Crede che oggi la fede in Dio sia stata sostituita dalla fede nel progresso tecnologico?

Non direi. Il termine “fede” lo utilizzerei unicamente riguardo a Dio. Dire di avere fede nella tecnologia è qualcosa di diverso. Il mistero della fede è l’impossibilità di conoscere le cose fino in fondo. La tecnologia non ha nessun carattere misterioso e per questo non potrà mai essere una religione. Dall’altro lato, oggi sembra che la tecnologia abbia fatto propri alcuni caratteri che sono caratteristici del divino, come l’onnipotenza e l’onniscienza, quasi fosse il Messia della contemporaneità, ciò che salverà l’essere umano.

Crede che l’unione di intelligenza artificiale e religione possa essere una soluzione per il futuro della Chiesa e dei suoi fedeli?

Direi che l’intelligenza artificiale è un mezzo che deve essere al servizio dell’uomo. Le sue potenzialità sono molte. Come Chiesa, dobbiamo riflettere a come mettere in pratica una rivoluzione simile. Il Gesù virtuale parla cento lingue, nessun essere umano potrebbe riuscirci. Lavorando in un contesto multiculturale, sarebbe uno strumento molto utile per il mio mestiere. C’è stato poi un caso interessante che riguarda un utente affetto da autismo che ha parlato con il Gesù virtuale. Diceva che parlare con le persone gli richiede troppa fatica, perché i fattori in gioco sono molti. Mentre si è trovato molto a suo agio parlando con l’intelligenza artificiale, perché poteva concentrarsi solo sul messaggio, e mettere da parte tutte le altre variabili. Anche questo è sicuramente un utilizzo virtuoso dell’AI. Se penso poi al risultato ottenuto nelle scuole, le discussioni che sono nate sono già un traguardo importantissimo, anche solo per mettere sul tavolo un tema importante come quello dell’intelligenza artificiale declinato nella prospettiva religiosa. Tutto questo rende attuale sia la componente religiosa, spirituale, troppo spesso dimenticata oggi, attraverso una riflessione sulla tecnologia e sul futuro.

Perché la scelta di collocare il Gesù virtuale dietro la grata del confessionale?

Tutto il contesto che abbiamo creato ha permesso all’utente di vivere un’esperienza di riservatezza e intimità. Solo così l’incontro con Gesù virtuale poteva permettere una certa spiritualità e connessione emotiva. In ogni caso c’erano più fattori che indicavano non si trattasse di una vera e propria confessione. Infatti, nessuno si è confessato realmente. Ribadisco che il “Deus in machina” nasce come opera d’arte e, come ogni opera, il contesto in cui è collocata è parte integrante del messaggio che vuole trasmettere. Luogo, ambiente, immagine sono elementi imprescindibili per la buona riuscita dell’esperienza.

Prima di rendere l’esperimento pubblico, avevate già messo in conto alcune critiche? Si sono concretizzate?

Prima di esordire, abbiamo svolto dei test interni, anche con domande provocatorie per vedere come si sarebbe comportata la macchina. Abbiamo invitato persone di fede, che erano inizialmente scettiche, ma che alla fine si sono ricredute. Essendo un teologo, capisco benissimo lo scetticismo iniziale. Ma sono fiero di aver constatato che facendo l’esperienza in molti hanno cambiato completamente idea. Un esperimento provocatorio, certo, ma che ha dimostrato la sua importanza per smuovere la coscienza di chi lo utilizza. Si tratta solo di capire il suo scopo e non cadere in facili tranelli e fake news.

In qualità di teologo, si sente soddisfatto dei risultati ottenuti?

Io direi di sì. Le discussioni che ho avuto come teologo, dopo questa esperienza, sono state molto interessanti e utili. Penso che ogni parroco debba fare questa esperienza. Si toccano temi fondamentali della religione e dell’esistenza. Tutte le persone si sono interrogate su questioni millenarie, sui limiti e le possibilità dell’intelligenza artificiale e sul possibile utilizzo della tecnologia nel futuro della specie. Già questo è per me una vittoria.

Ora che l’esperimento è concluso, che ne sarà dell’AI-Gesù?

L’esperimento all’interno della Peterskapelle di Lucerna non credo si ripeterà. Ciò non toglie che ci sia la possibilità di esportare il Gesù virtuale all’estero. Abbiamo già ricevuto proposte da un museo di Vienna, che avrebbe l’interesse di esporlo, così come da altre parrocchie fuori dalla Svizzera. L’unica condizione che prescriviamo è avere sempre una supervisione sulla fruizione, perché non sappiamo mai con certezza come risponderà alle domande. Ci fidiamo, ma non fino in fondo.

14:13

Tra fede e algoritmi

Alphaville 17.12.2024, 11:05

  • Imago Images

Riascolta qui "L'AI e l'IO: voci dall'etere"

  • L’AI e l’IO: voci dall’etere (1./10)

    Colpo di scena 09.12.2024, 13:30

  • L’AI e l’IO: voci dall’etere (2./10)

    Colpo di scena 10.12.2024, 13:30

  • L’AI e l’IO: voci dall’etere (3./10)

    Colpo di scena 11.12.2024, 13:30

  • L’AI e l’IO: voci dall’etere (4./10)

    Colpo di scena 12.12.2024, 13:30

  • L’AI e l’IO: voci dall’etere (5./10)

    Colpo di scena 13.12.2024, 13:30

  • L’AI e l’IO: voce dall’etere (6./10)

    Colpo di scena 16.12.2024, 13:30

  • L’AI e l’IO: voci dall’etere (7./10)

    Colpo di scena 17.12.2024, 13:30

  • L’AI e l’IO: voci dall’etere (8./10)

    Colpo di scena 18.12.2024, 13:30

Correlati

Ti potrebbe interessare