Letteratura

Ismail Kadaré

La voce recondita dell’Albania

  • 15 febbraio 2022, 10:37
  • 14 settembre 2023, 09:19
Ismail Kadaré
Di: Marco Alloni

Ogni libro di Kadaré è un prodigio. E quattro romanzi in particolare segnano la storia della letteratura contemporanea come pochissimi altri.

Il palazzo dei sogni è una vera e propria allegoria – diremmo un’allegoria che porta le allucinazioni kafkiane alle estreme conseguenze – di che cosa il potere, se vogliamo anche il potere nel senso orwelliano del termine, rischia di diventare quando si allea alla sua ancella più sinistra: la burocrazia. In quel romanzo tutto è indagato, dei cittadini che vivono al cospetto dello spettro del Palazzo, a partire dai sogni, che dissezionati e analizzati finiscono per ricadere sotto la sorveglianza di una sorta di polizia onirica: vera e propria incarnazione di quella che attualmente è diventata la vigilanza telematica sugli abitanti del mondo.

La Piramide, altra straordinaria allegoria del potere, indaga viceversa, con forti innesti storicistici e altrettante incursioni nel fantastico e nel surreale, la condizione di oppressione degli schiavi egizi, obbligati dalle maestranze all’immane fatica di costruire un monumento del nulla quale le piramidi: un concentrato di subordinazione all’autorità che di nuovo trova eco nei nostri tempi in quella disastrosa sperequazione economica che divide ormai il pianeta tra pochi miliardari (novelli faraoni) e moltitudini di sudditi senza arte né parte (novelli schiavi).

Poi c’è il potere visto nella sua chiave più oscura: quella del primitivismo religioso e del pregiudizio con cui le tradizioni preservano e protraggono di generazione in generazione le propri leggi oscurantistiche. Si tratta del romanzo Aprile spezzato, in cui a farla da padrone è il famigerato e inviolabile Kanun, una sorta di condensato delle peggiori forme di primitivismo culturale, da cui l’Europa moderna non si è infine ancora liberata. Cosa impone il Kanun? In una parola, la logica della faida, il premoderno principio dell’occhio per occhio dente per dente, che anche in questo caso non può non richiamare, con trent’anni di anticipo, un certo fanatismo confessionale di tipo islamico e un certo spregiudicato e integralistico uso della Sharia. Una famiglia che ha visto ucciso un proprio membro deve – in ottemperanza al Kanun – uccidere a propria volta l’assassino di costui, colpendo la famiglia da cui egli proviene. E così incessantemente, di omicidio in omicidio senza tregua, senza sosta, senza pietà, da un mese all’altro e da un anno all’altro per decenni e decenni. Questo romanzo terribile ci dice che non solo l’Albania più retrograda ma lo stesso Occidente sono ancora vittime di tentazioni totalitarie e di avalli tradizionali per giustificare i propri valori e la propria ansia di dominio sul dissenziente e il dissidente.

Infine ecco I tamburi della pioggia, sulla resistenza albanese al dominio ottomano. Di nuovo una guerra, di nuovo la resistenza e la dignità contro i soprusi del potere e gli abusi dell’autoritarismo di Stato o di Impero.

Ma ci sono anche altri due libri che segnano per sempre il mappamondo della letteratura occidentale: il grandioso romanzo Il generale dell’armata morta, che traccia il più desolante ritratto della sconfitta militare e dei suoi strascichi irreparabili nella coscienza dei sopravvissuti, con un vecchio generale che torna nei luoghi della morte a setacciare cimitero per cimitero dove ancora si annidano le spoglie degli ex compattenti, e il più candido, poetico e struggente dei romanzi di Kadaré: La città di pietra.
Quest’ultimo è una sorta di precipitato di tutto ciò che nell’intimo della sua poetica e della sua morale l’autore albanese sembra suggerire a proposito del male, della guerra e delle malefatte del potere: il solo sguardo che ci può salvare è quello incantato, innocente e incontaminato dei bambini. E infatti l’io narrante è un bambino che tutto legge, tutto vede e tutto percepisce attraverso la verginità della sua ingenuità, al punto che persino la guerra, con i suoi riflettori, i suoi aerodromi, le sue bombe e i suoi oscuramenti, sembra un gioco assurdo di cui possono essere partecipi solo i grandi, restando viceversa i piccoli nel canto di un’innocenza che ancora riesce a leggere il mondo come un regno dello stupore e non della crudeltà.

Ecco, a un autore così stupisce che gli accademici di Svezia non abbiano pensato se non distrattamente. Ogni suo libro è infatti un prodigio e la sua opera un vero e proprio monito all’umanità: non cedete, uomini, alle vergogne della sopraffazione e tornate quanto prima e quanto più a fondo all’innocenza dell’infanzia.

Ti potrebbe interessare