Musica italiana

“Desaparecido”, la via italiana al rock

L’album di debutto dei Litfiba usciva 40 anni fa. Iniziava una storia che porterà la band da una cantina di Firenze ai grandi palcoscenici

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Piero Pelù dei Litfiba sul palco di Moon and Stars, Locarno 2015

  • Keystone
Di: Patrizio Ruviglioni 

Sembra che durante la registrazione di Guerra, la canzone più violenta del lotto, un rock marziale con impennate qua e là, il chitarrista, Ghigo Renzulli, abbia suonato talmente forte da ferirsi un dito. Sangue dovunque: sullo strumento, sul pavimento, sulla sua maglietta bianca. La scena scompone perfino gli altri in studio con lui, compreso il cantante, un allora ventitreenne Piero Pelù, dark di famiglia borghese dedito alla vita nomade e a varie stravaganze, che la notte gira per cimiteri, per simulare sangue vero in scena si cosparge di vernice e si è costruito da solo un bara, da cui esce all’inizio dei concerti. Titolo del pezzo che lo accompagna: A Satana. Renzulli si accorge dell’incidente alla fine, preso dall’adrenalina, più romanzescamente posseduto da qualche spirito. L’immaginario d’altronde è quello.

È uno dei tanti aneddoti, questo, raccontati da Donato Zoppo nel suo Eroi nel vento (Compagnia Editoriale Aliberti), una delle varie uscite – ci sono anche ristampe dell’album in questione in diversi formati, ovviamente – per i quarant’anni di Desaparecido, album d’esordio dei Litfiba, spartiacque della musica italiana. Oltre a testimoniare quanto ormai sia entrato nel mito, storie e operazioni così raccontano bene come sia ancora oggi una fucina di leggende e suggestioni, oltre alla sua influenza. Pubblicato il 10 marzo 1985 con un dispiego di forze relativamente ridotto – le grandi etichette ne avevano ignorato i provini – saprà infatti crescere e ispirare nel tempo.

Il merito, oltre che dei suoi autori, che ci credevano tantissimo, resta del produttore Alberto Pirelli, che pochi mesi prima aveva aperto un’etichetta, la IRA, dallo slogan micidiale: «La nuova musica italiana cantata in italiano». L’obiettivo era riprendere il rock internazionale – sono gli ultimi bollori della new wave, ma ci sono anche la dark e il post-punk – e adattarlo con testi, però, nella lingua madre dei suoi artisti. Oggi è scontato, grazie anche a Desaparecido, ma all’epoca era un’impresa. A condividere questa missione c’erano i compagni di scuderia dei Diaframma, sempre da Firenze come la band di Renzulli e Pelù. Ma se il gruppo di Fiumani, fresco di Siberia (dicembre 1984), bazzicava il sound scolpito dei Joy Division con testi, però, crepuscolari, e soprattutto sembrava già all’apice, i Litfiba no. I Litfiba erano magma, materia viva, come dimostreranno prendendo in mano Amsterdam, uno dei brani simbolo dei “cugini”, per stravolgerlo e trasformarlo in un treno in corsa. Contaminati, ecco. E già in rampa di lancio per un futuro grandioso e, forse, come effettivamente sarà, mainstream, con nel curriculum già concerti in Europa.

Desaparecido è il capolavoro che già all’epoca ci si aspettava da loro. Otto canzoni e nessun riempitivo, solo il meglio della produzione della band, che aveva cominciato a esibirsi il 6 dicembre del 1980, due giorni prima della morte di John Lennon. Era questione di mesi, una concentrazione di talento come quella che si vedeva nella loro cantina e quartier generale di Via de’ Bardi è rara: il leader e fondatore è Renzulli, il più grande dei cinque e con trascorsi nel punk, ma la macchina organizzativa, nonché artefice degli arrangiamenti e del sound cupo, è il bassista Gianni Maroccolo, che in futuro, ovunque andrà, saprà imporre il proprio tocco; live, però, gli applausi sono per il frontman Pelù, matto e carismatico il giusto, oltre che autore dei testi poetici e simbolisti, ma anche l’amico e batterista Ringo De Palma (con uno stile secco ed essenziale, ma violento) e il tastierista Antonio Aiazzi sono in entropia, ciascuno lasciando trapelare nelle canzoni la propria personalità.

Canzoni che, di lì a poco, prenderanno il volo, prima nel circuito underground in cui sono inseriti e poi in quello più ampio delle televisioni, dove si faranno strada tra concerti memorabili, un’utopia prima impensabile per un gruppo indipendente. Eppure. Qui c’è tutto: l’apertura di Eroi nel vento, inno alla diserzione con un riff micidiale e vocione di Pelù in evidenza, diventerà un classico del rock italiano, ma di fianco brillano già episodi più tarantolati come La preda e Tziganata, la stessa Guerra dalle atmosfere horror, i quadretti più soft e allucinati di Lulù e Marlene e Pioggia di luce, che a tratti sconfina nella new age. Anche se il più rappresentativo è Istanbul, simbolo di un’opera che non emula il rock duro e puro, di granito, ma lo contamina.

Ascoltare – oggi come allora – Desaparecido significa viaggiare. Nello spazio, perché pesca da tutto il bacino del Mediterraneo e oltre, ibridando il suo rock di chiaroscuri ora con la new wave europea (avrà successo in Francia, per dire), ora con le atmosfere arabeggianti o perfino con quelle gitane care a Pelù. Ma significa anche viaggiare con la testa: come Kerouac in Sulla strada, è un lavoro d’immaginazione, composto da animali notturni della Firenze underground di allora; quante delle suggestioni di strada ed esotiche dei nei testi, e non solo, siano effettivamente vissute dagli autori e quante sognate dal fondo di uno scantinato non è dato saperlo, anzi è lì la sua forza. Più che ambiguità, è un’implicita ammissione del proprio essere: i Litfiba sono un gruppo italiano, e come tali più che “tradurre” nella loro lingua il rock internazionale s’inventano una via italiana allo stesso rock internazionale. Il vissuto non conta. O, meglio, è Desaparecido stesso, il messaggio che dà, la cartolina che lascia.

È la lezione maggiore del disco, questa della personalità. Che insieme a Siberia e Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi dei CCCP (1986), oltre ai lavori più esposti di rocker come Vasco Rossi e Gianna Nannini, lo rende un pioniere del rock “all’italiana”, che avrà un’enorme diffusione negli anni novanta e, più avanti, vivrà di fortune alterne. Ma neanche i Litfiba, che davanti alla fama cambieranno pelle e formazione, a volte in maniera perfino inconciliabile con gli esordi, vivranno sempre di traiettorie coerenti e lineari. Ma non per altro: Desaparecido è un’opera larger than life, che ha vita propria e, dopo quarant’anni, risponde solo a sé stessa.

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Ricordare i sogni, Gli ultimi studi sulla correlazione risveglio e sogni, 40 anni di “Desaparecido”

Fresco di Zona 10.03.2025, 13:00

  • Julie Meletta e Claudia Demircan

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