Abbiamo capito che dal connubio fra l’Auditorio Stelio Molo e l’etichetta tedesca ECM nascono cose belle. Lo abbiamo visto qualche giorno fa, con il secondo ICMA assegnato all’Orchestra della Svizzera italiana; ora, a certificarlo una volta di più, arrivano le parole di Fred Hersch. Fra i maestri del jazz contemporaneo, il pianista USA ha trovato nella struttura di Besso l’ambiente ideale per la registrazione del suo disco da solo “Silent, Listening”, pubblicato la scorsa primavera per la casa discografica di Manfred Eicher. Lo ha raccontato lo stesso Hersch a Patricia Barbetti, nell’intervista trasmessa da Rete Due.
Intervista a Fred Hersch
Montmartre, Rete Due 15.01.2025, 16:40
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Misto di improvvisazione e standard, l’album per Hersch «È come un film. Ha un’atmosfera un po’ notturna, a tratti intensa, quasi pesante, ma è permeato da un’atmosfera positiva». Con il produttore germanico si è creata la sintonia che ha contribuito alla riuscita del disco: «Ho 68 anni e finalmente mi sento come non avessi più nulla da dimostrare - afferma - So che Manfred Eicher è favorevole alla creazione dell’arte senza alcuna interferenza commerciale. Lui vuole semplicemente creare il miglior album possibile. E io sento che per la prima volta ho potuto far partecipare un produttore all’esperienza della mia musica».
Lo spazio fisico in cui ha preso vita “Silent, Listening” ha avuto un ruolo importante per Hersch: «Sono arrivato a capire che non posso più suonare e registrare in uno studio, con le cuffie. Perché il suono non mi piace, non è come vorrei. Alla fine penso troppo e non suono bene. Ma qui, in questo bellissimo auditorium, sento di potermi semplicemente rilassare, suonare, lasciare spazi e silenzi. Senza spingere nulla. Lasciare semplicemente che tutto accada, invece di cercare di farlo accadere. E se il suono è giusto e il pianoforte è fantastico, il resto viene da sé».
Calandoci nel silenzio evocato dal titolo, scopriamo che esso, per il musicista nordamericano, è «Solo pazienza. Non cerco di far accadere la cosa successiva, ma ascolto la frase e poi arriva la frase successiva. Senza anticipare nulla. È come una virgola silenziosa. La musica esce dallo spazio del silenzio, senza fretta».
All’inizio di quest’anno Hersch pubblicherà un altro disco, questa volta in trio, dal titolo “The Surrounding Green”. In scaletta, oltre alle sue composizioni, brani di Ornette Coleman, George Gershwin e Carla Bley. «Non devo scrivere per essere originale - spiega - La mia originalità spero di portarla in tutto ciò che suono». Uno spunto per parlare delle giovani leve: «Penso che molti giovani musicisti si sentano quasi in dovere di scrivere composizioni proprie per essere originali. Alcuni di loro sono dei bravi compositori, ma altri non lo sono affatto e farebbero meglio a suonare qualcosa di qualcun altro, con una qualità migliore».
Chiusura sulla salute di Hersch, sieropositivo da quarant’anni. Le sue condizioni sono state molto precarie fino al 2008, anno in cui è stato in coma artificiale per due mesi: «Quando ne sono uscito non potevo mangiare, non potevo deglutire, non potevo camminare e non potevo usare le mani. Ho dovuto fare una completa riabilitazione». Nuovi farmaci introdotti in tempi recenti hanno permesso di rendere l’attività del virus pari a zero. Nonostante i problemi che il suo corpo deve fronteggiare, Hersch è in grado di gestire i ritmi faticosi delle tournée: «Ho ancora le energie per suonare. Sento che voglio suonare». Lasciar correre le dita sui tasti per dare seguito al suo slancio interiore: «Man mano che invecchio c’è qualcosa che è diventato sempre più importante per me, ed è il desiderio di diffondere della gioia».