Società

Disturbo dell’attenzione o di iperattività

Il Ticino è pronto a sostenere le persone affette da ADHD?

  • 5 agosto, 08:19
  • 5 agosto, 11:15
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  • Keystone
Di: Virginia D’Umas

In Ticino, oltre 100 bambini ogni anno soffrono di un disturbo dell’attenzione o di iperattività. A questi si aggiungono anche sempre più adulti che, stanchi di sentirsi diversi e a volte incapaci di adattarsi ad una società troppo frenetica, cercano aiuto in una diagnosi che possa far luce sugli effetti di questa neurodivergenza.

Vivere con l’ADHD

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«È una cosa di cui ho preso consapevolezza con il tempo. Una persona a me vicina continuava a criticare certi miei aspetti e modi di fare nella quotidianità e di come gestivo la mia vita più in generale (il disordine e tante altre cose) e questo mi ha portata ad autoanalizzarmi e – passato qualche anno – ho deciso di fare il test per l’ADHD» ha detto la luganese Felicia in un’intervista per RSI Cultura.

A 36 anni Felicia ha deciso di sottoporsi a una valutazione psicologica per capire se fosse affetta da questa sindrome, e così è stato. La neuropsicologa Giovanna Talucci, che attualmente lavora presso lo Studio Medico Dr. Med. Didiano Domenico, occupandosi di valutazioni neuropsicologiche e trattamenti riabilitativi nel bambino, nell’adolescente e nell’adulto, le ha diagnosticato questo disturbo neuropsichico grazie a un test che consiste in varie fasi tra cui: concentrazione, ascolto, lettura e logica.

Sono sempre più le persone che in età adulta sentono il bisogno di fare un test per capire se sono affette dal disturbo da deficit di attenzione e iperattività, in breve AHDH. I motivi possono essere svariati: difficoltà a trovare o a mantenere un lavoro, la tendenza a distrarsi facilmente, ma anche la difficoltà a organizzare le attività, la mancanza di pazienza e l’impulsività.

Anche Anyira, residente a Lugano, ha avuto la diagnosi dell’ADHD dalla Dottoressa Talucci, a 39 anni.

«Credo che in Ticino, la consapevolezza di cosa sia l’ADHD sia in crescita, soprattutto nelle scuole, cosa che – quando ero studentessa io – non esisteva. Mentre sul posto di lavoro c’è meno sensibilità riguardo a questo tema», ha raccontato Anyira ai microfoni della RSI.

Le scuole medie ticinesi e l’ADHD

Pur essendo uno dei disturbi neurocomportamentali più comuni, va ricordato che ogni persona è diversa e può quindi presentare sintomi diversi, ciò che rende la diagnosi ma anche il sostegno delle persone neuro divergenti, soprattutto in età scolastica, molto difficile. In altre parole, non si può partire dalla tematica come se fosse per tutti la stessa.

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Barbara Bonetti Matozzo

Come ci spiega la capogruppo del servizio di sostegno pedagogico della scuola media (Gruppo regione Biasca Tre Valli e Gruppo regione Luganese Ovest) e presidente del collegio dei capigruppo, Barbara Bonetti Matozzo: “In generale una scuola orientata al Universal Design of Learning (didattica universale) permette di considerare l’eterogeneità dell’intero gruppo classe, introducendo sin da subito elementi di compensazione di eventuali svantaggi. L’approccio differenziato e universale della didattica UDL implica infatti di considerare diversi aspetti – organizzativi, didattico-pedagogici, ambientali e comunicativi – nei quali introdurre elementi facilitatori rispetto al funzionamento di tutti gli allievi e le allieve, compresi quelli confrontati con un disturbo ADHD”.

Oltre al coordinamento dell’équipe, a livello delle varie sedi, i capogruppo vengono coinvolti per supporto e consulenza in relazione alle situazioni più complesse. Offrono un supporto nell’analisi di queste situazioni e nel valutare l’attivazione di risorse supplementari oppure offrono ai singoli docenti di sostegno (di differenziazione curricolare) la possibilità di avere un confronto su situazioni che li mettono in difficoltà.

«I contatti con le direzioni delle sedi sono intensi», spiega la signora Bonetti Matozzo. Vi sono inoltre incontri regolari con il Consiglio permanente sul disadattamento, a cui partecipano regolarmente almeno un rappresentante della direzione, i docenti di sostegno e di differenziazione curricolare della sede, il o la capogruppo e gli educatori, rispettivamente le educatrici regionali. Queste riunioni costituiscono una risorsa interna alla sede, un contenitore nel quale è possibile condividere delle riflessioni e confrontare opinioni e visioni in relazione a situazioni che si stanno delineando come problematiche. «In questa rete interna, come capigruppo SSP, offriamo una diversa prospettiva di lettura data dalla nostra formazione, dal nostro ruolo, ma anche dal fatto che operiamo regionalmente», aggiunge la presidente del collegio dei capigruppo.

Come ogni persona, così anche ogni sede, ogni classe e ogni situazione è diversa: le risorse e i bisogni si costellano ogni volta in modo differente. Anche le singole famiglie e gli allievi presentano una storia e un percorso individuale e specifico, in quanto ognuno di loro arriva con il proprio vissuto in relazione alla scuola e in relazione a un’eventuale neurodiversità, come l’ADHD. Anche lo “stadio di elaborazione” è diverso: da chi da diversi anni “convive consapevolmente” con una diagnosi di ADHD a chi, invece, non vuole nemmeno sentir parlare di approfondimenti e percorsi diagnostici. Da chi segue un trattamento anche farmacologico, a chi non si riconosce in questo oppure non ha sperimentato benefici. Da chi ha un vissuto molto accogliente alla scuola elementare, a chi è in rottura completa con la scuola… solo per citare alcuni esempi della capogruppo del servizio di sostegno pedagogico della scuola media.

Si capisce quindi che anche le risposte e l’approccio della scuola devono essere molto diversificati.

Negli ultimi 15-20 anni, il tema delle neurodiversità ha assunto una maggiore rilevanza e attenzione, soprattutto in relazione alle reali ripercussioni sul percorso di apprendimento e alle pratiche per compensare e limitare gli svantaggi che ne derivano. In questo lasso di tempo, nel nostro cantone, è stato dato molto spazio all’approfondimento di questa tematica anche a livello formativo per i docenti, in particolare rispetto all’ADHD, così come ai disturbi specifici dell’apprendimento ma anche ad altre diagnosi (ad esempio la sindrome di Asperger).

L’ADHD mi fa funzionare in una maniera diversa

Redattrice: Giorgia Blotti; videomaker: Paolo Vandoni 20.05.2024, 16:37

Gli allievi affetti da ADHD sono il 3-5% degli allievi totali: «ognuno di loro arriva con il proprio vissuto in relazione alla scuola e in relazione a un’eventuale neurodiversità, come l’ADHD. Si capisce quindi che anche le risposte e l’approccio della scuola devono essere molto diversificati», ha specificato Barbara.

È inoltre importante ricordare che questa diagnosi non va vissuta come una mancanza o un cattivo funzionamento. Non è qualcosa che si può e si deve “guarire”, ma una prerogativa con la quale si deve crescere.

Certamente può costare fatica riuscire a funzionare al meglio in relazione alle richieste scolastiche (in particolare), ma questa fatica può portare a conoscersi meglio e a scoprire anche aspetti e peculiarità positivi.

L’importante è diventare consapevoli e assumere gradatamente le “redini” della propria vita e del proprio percorso di apprendimento. A livello di scuola media il percorso verso l’autonomia e il bisogno di autonomia dell’allievo/a è in una fase evolutivamente centrale ed è importante che sia riconosciuto anche dagli adulti che hanno una funzione educativa.

Ciò che è senz’altro cambiato nelle scuole ticinesi, da quando Felicia e Anyira andavano alle medie e’ il mindset, ossia la mentalita’ rispetto a malattie neuro divergenti come l’ADHD e la consapevolezza di esse, che ha portato le scuole a integrare metodi di sostegno mirati alle esigenze del singolo individuo, offrendo così strategie più funzionali per trovare un buon equilibrio che non vada a sovraccaricare l’allievo/a.

Ciò che neghi, ti sottomette. Ciò che accetti, ti trasforma

Carl Gustav Jung

Il disturbo dell’ADHD ha una base genetica neuro-biochimica, in altre parole questo disturbo è presente dalla nascita, quindi prima viene diagnosticato e prima si possono dare gli strumenti giusti al bambino o al ragazzo per imparare a convivere con questo disordine dell’età evolutiva.

Nei bambini più piccoli l’ADHD si presenta solitamente con tratti iperattivi e aspetti di impulsività, che è anche la caratteristica del disturbo che si mantiene più costante durante tutto il corso della vita, così come la disattenzione.

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Elena Poletto

Come ci spiega Elena Poletto, psicoterapeuta presso il centro Psiché Oikos di Lugano: «Sicuramente nella prima fase dello sviluppo, l’elemento dell’iperattività motoria e anche dell’impulsività emotiva sono i due aspetti che saltano all’occhio più facilmente. Spesso i bambini con ADHD, non diagnosticati, sono identificati come bambini difficili, o troppo vivaci, che non hanno interesse per la scuola e che non rispettano le regole. Ma potenzialmente l’ADHD non incide sulle capacità di apprendimento né sulle capacità lavorative».

Le statistiche ci dicono che i ragazzi, che hanno questo tipo di disturbo, mostrano maggior abbandono scolastico, più licenziamenti, meno ambizione rispetto ad alcuni ambiti lavorativi, dovuto al fatto che molto spesso questo disturbo, se non trattato, poi porta a quelli che sono chiamati anche sintomi secondari, come una bassa autostima, ansia o depressione.

In questo caso si parla di comorbidità, che significa che il disturbo di ADHD si presenta statisticamente, molto spesso associato a disturbi specifici dell’apprendimento e ad altri disturbi del comportamento, come ad esempio il disturbo oppositivo provocatorio. Le persone che presentano questo disturbo esibiscono livelli di rabbia persistente ed evolutivamente inappropriata, irritabilità, comportamenti provocatori ed oppositività, che causano menomazioni nell’adattamento e nella funzionalità sociale.

Ecco perché diventa essenziale aiutare queste persone a ripartire da sé, dando loro gli strumenti giusti per poter affrontare al meglio la quotidianità: che sia a scuola, al lavoro o nelle relazioni sociali. «Noi facciamo anche questo tipo di intervento, quindi lavoriamo con le famiglie, con le scuole, con i bambini o con i ragazzi, aiutandoli ad apprendere le giuste strategie, nell’utilizzo dei training attentivi, piuttosto che la gestione delle impulsività, tutti questi aspetti su cui si va un po’ educati, in modo da poter gestire le proprie caratteristiche in maniera produttiva», ha aggiunto Elena Poletto.

«La vita con l’ADHD è una giostra fatta di alti e bassi è chiaro che avendo meno energie e autostima bassa, nel mio caso, cerchi di normalizzare ed equilibrare il tutto come puoi, ma con le persone giuste e grazie ai giusti aiuti tutto è possibile» Anyira Férmin

ADHD. Disturbo da deficit di attenzione e iperattività

La consulenza 01.09.2023, 12:50

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