Società

La lentezza del vinile contro la velocità della globalizzazione

Prezzi alti, Amazon, multinazionali che scavalcano distribuzione e rivenditori: il piccolo universo complicato di un negozio di dischi indipendente

  • 11 luglio, 17:00

Alta Fedeltà

RSI Cultura 08.07.2024, 15:40

Di: Stefano Roncoroni

«Dieci anni fa, quando ho aperto, erano tutti molto scettici, compresi gli amici. Mi dicevano: -Ma cosa fai? Un negozio di dischi? A Como? Specializzato?- In realtà, poi il vinile è tornato!»

Francesco Mormile, detto Morra, da dieci anni gestisce un negozio di dischi: “Alta Fedeltà Como”.  È un locale piccolo, straripante di musica e passione. Una passione che è anche sua: “L’imperatore del vinile”, come si è ironicamente autoproclamato, ha suonato per anni la batteria nel gruppo punk Erode, piccola leggenda underground italica, ed è lui stesso un collezionista di dischi. E i veri “talebani del vinile”, anche questa è una sua definizione ironica dei clienti, questa sua autenticità la fiutano. «Personalmente, io amo il disco, colleziono ancora il disco. Amo la musica, quasi tutta quella che ho all’interno del mio negozio, e penso che le persone lo avvertano, quelli soprattutto esigenti, quelli che cercano dei dischi particolari, che difficilmente si trovano in distribuzione. Se non sei credibile, non puoi fare questo lavoro.»

Nel negozio ci sono dischi punk, metal, rap, alternative, musica indipendente e diverse pietre miliari classiche del rock. C’è soprattutto tantissimo vinile, ma anche cassette, la nuova moda, e un bel po’ di CD usati, che oggi costano molto poco rispetto agli LP. «Il paradosso è che la vera speculazione, la multinazionale del disco l’ha fatta sul CD: praticamente a noi raccontavano che era un supporto fatto su Marte, costruito con il razzo lunare, poi in realtà, anni dopo, abbiamo scoperto che un CD-R nella grande distribuzione costava due franchi! E a noi lo vendevano a 40 franchi!»

Oggi, ad essere diventati veramente esagerati, sono i prezzi del vinile. Come se lo spiega il nostro negoziante? «Innanzitutto, in Italia abbiamo l’Iva al 22%. In più c’è, come per tutte le cose, l’aumento delle spese delle materie prime: dieci anni fa stampare un disco costava 5 euro, oggi costa più del doppio. Ma, sicuramente, alla base di tutto c’è una forte speculazione, anche questo va detto. Diciamo che si è persa la standardizzazione del vinile. Ormai sono tutte edizioni numerate, limitate, colorate. È una cosa fin troppo da feticisti che però porta a prezzi elevati e allontana il consumatore, soprattutto quello più giovane: la mia vera frustrazione è che un ragazzo di 16 anni non possa comprarsi uno “ Zen arcade” degli Hüsker Dü.”»

Ma davvero i ragazzi e le ragazze di 16 anni comprano vinile? In effetti, tanti clienti del negozio di Como sono giovanissimi. C’è gente che entra solo per sentire come suona un vinile, che effetto fa ascoltare musica che esce da qualcosa di reale, solido. «Io sono contento perché comunque tanti ragazzi, anche giovani, si stanno avvicinando a questo formato. Secondo me, in una società globalizzata, dove tutto deve essere “fast”, veloce, metter su un disco vuol dire ancora prendersi del tempo, dedicare del tempo ad ascoltare una cosa con tutta la ritualità che comporta.»

Concludiamo con un piccolo omaggio a Paolo Carù, figura leggendaria che per una vita ha gestito il suo storico negozio di dischi a Gallarate. Un rifermento per tantissimi appassionati di musica, non solo in Italia. Paolo Carù purtroppo non è più fra noi. Qui potete ascoltare il ricordo del critico Riccardo Bertoncelli.

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