La paura dei cibi nuovi non è una tendenza del mondo moderno, per gli esseri umani è sempre esistita, anche nei momenti storici di fame più gravi. Quando un nuovo alimento viene introdotto, la società tende a rifiutarlo o, comunque, a guardarlo con sospetto. Gli esseri umani sono naturalmente portati ad essere cauti nei confronti di alimenti che non riconoscono come familiari. Se, oltre ad essere sconosciuti, sono visti come strani o sporchi suscitano ancora maggiore repulsione perché vengono istintivamente percepiti come non sicuri per la salute
La neofobia alimentare, ovvero la paura o il rifiuto di provare cibi nuovi o sconosciuti, è legata a un riflesso primitivo di protezione, al desiderio di mantenere le proprie certezze. Spesso, si manifesta nei bambini in età prescolare, ma è una fase tipica che si risolve spontaneamente con la crescita.
La storia dell’umanità è stata contraddistinta da paure, spesso infondate, legate al cibo e le scelte alimentari che ne sono conseguite hanno influenzato la nostra identità culturale. Tra i momenti chiave per la storia dell’alimentazione c’è quello della scoperta dell’America e il successivo scambio di merci. In Europa giungono cibi mai visti, come: il pomodoro, il mais, la patata, il cacao e tanti altri alimenti. Molti di questi vengono accolti con grande ostilità.
Il pomodoro? Solo ornamentale
Arrivato in Europa nel Cinquecento, il pomodoro ci mette due secoli prima di essere assaggiato. Si teme, infatti, sia velenoso come le sue le foglie – che contengono solanina. Vista la sua bellezza, per molto tempo viene utilizzato come pianta ornamentale. Tutti i giardini botanici d’Europa si riempiono di pomodori, ma nessuno si sogna di mangiarli.
Il nome pomodoro deriva proprio dalla connotazione estetica che gli viene data nella cultura italiana. Mentre il termine usato dagli indigeni d’America tomatl viene ripreso dagli spagnoli quando portano in patria i primi semi di questa pianta.
«Passaparola e ordinanze emesse dalle autorità erano strumenti che andavano a rafforzare le paure e i meccanismi già presenti nella popolazione» spiega lo storico Alberto Grandi ai microfoni della Pulce in Cucina.
La patata che porta la lebbra
Un altro cibo che attraversa un lungo periodo di diffidenza è la patata. Anche lei introdotta in Europa nel Cinquecento, viene da subito guardata con sospetto. La patata non fiorisce come le altre piante da raccolto, cresce sottoterra e viene ritenuta “brutta”. Si diffonde la credenza che non sia commestibile o addirittura pericolosa per la salute e a un certo punto viene persino considerata portatrice di lebbra.
Nel Settecento soprattutto nell’Europa centrale e settentrionale si registra un incremento demografico esponenziale che crea grosse carestie. Per sfamare le persone si cercano piante con grande produttività e la patata diventa una fonte essenziale di cibo. Nonostante ciò, la diffidenza verso questo tubero rimane viva ancora per molto tempo in molte zone rurali.
Spesso quando in passato non si sapeva dare delle spiegazioni scientifiche alle malattie si accusava un certo alimento
Alberto Grandi, Professore associato di Storia del cibo all’ Università di Parma.
Colpa del mais
Quando arriva in Europa nel tardo Quattrocento, il mais viene considerato un alimento esotico. Sebbene si diffonda, le sue caratteristiche nutrizionali non vengono ben comprese. Con il tempo il consumo di mais viene collegato alla diffusione di malattie come la pellagra, si pensa che nel granoturco ci sia una tossina. In realtà, la comparsa di malattie, come la pellagra, si deve a un trattamento non corretto del mais e alla monotematicità della dieta dei ceti meno abbienti, con conseguente carenza di vitamine. Come spiega Alberto Grandi però «accusare il mais evitava di dover gestire il problema affrontando complesse riforme sociali».
Nel Settecento molti contadini consumano anche due o tre chili di polenta al giorno.
Questo legame tra il mais e le malattie genera paura e incertezza, tanto che molte persone, ancora fino all’Ottocento, preferiscono non consumarlo.
Un tonno come capro espiatorio
I primi casi di sifilide in Europa vengono segnalati tra i soldati del Re di Francia all’inizio del 1495, durante l’assedio di Napoli. È una malattia sconosciuta e di fronte a sintomi spaventosi vengono formulate diverse ipotesi sulle possibili origini, tra gli accusati c’è il tonno. A Napoli il tonno è molto diffuso, grazie alla sua alta disponibilità e al suo prezzo basso diventa il cibo più consumato anche dei soldati francesi, l‘associazione con la comparsa della sifilide è presto fatta. Colore e consistenza insoliti della carne di tonno rispetto ad altri pesci contribuiscono ad alimentare la diceria.
Storicamente il pesce viene usato spesso, in tempi di epidemia, come capro espiatorio. Secondo le teorie dei medici del tempo, infatti, non gode di buona reputazione come tutti i prodotti freschi e acquosi, facilmente corruttibili e corruttori.
Il misterioso cacao
Cacao
Il cacao ha una lunga storia di ambiguità culturale e religiosa. Per le civiltà precolombiane, come Aztechi e Maya, è un alimento sacro che viene bevuto durante i riti religiosi. Quando arriva in Europa nel Cinquecento, portato dai conquistatori europei, scatena reazioni contrastanti. Nonostante si diffonda, le autorità religiose cristiane lo guardano con sospetto, viene considerato come un cibo esotico e oscuro, con effetti misteriosi. In alcuni casi, viene visto anche come potenzialmente pericoloso, viste le proprietà stimolanti legate alla presenza teobromina. «Quando i bucanieri olandesi avvicinavano i galeoni spagnoli che portavano già il cacao in Spagna e trovavano sacchi di fave di cacao, le buttavano in mare perché temevano che fosse pericoloso anche solo toccarle» racconta Alberto Grandi.
Paure alimentari
La pulce in cucina 01.03.2025, 12:00
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