La corrente fondata nel 1967 dall’artista svizzero Daniel Spoerri voleva avviare una riflessione sui principi fondamentali della nutrizione, celebrando l’unicità di ogni pasto in rapporto all’esistenza stessa dell’uomo, e dove utensili di cucina, tavola e cibo avevano sempre un ruolo primario.
Tra banchetti artistici, opere d’arte commestibili, tavole apparecchiate e “intrappolate”, scopriamo la Eat Art e le curiosità gastronomiche che raccontano il suo fondatore diventato parte della storia dell’arte contemporanea.
Rumeno di nascita e naturalizzato svizzero dopo essersi rifugiato in patria elvetica perché vittima delle persecuzioni naziste, Daniel Spoerri, prima di diventare artista riconosciuto internazionalmente, ha avuto una carriera fulminante nel balletto, arrivando persino allo Stadttheater, nella Berna degli anni Cinquanta, come ballerino solista. È più tardi, negli anni Settanta, infatti, che diventa celebre come artista di oggetti, organizzatore di eventi culinari, ristoratore e padre fondatore della Eat Art.
Dopo aver condotto una vita quasi nomade con innumerevoli tappe tra città, isole e valli – tra cui una parentesi Ticinese a Tegna – nel 2008 il poliedrico artista si trasferisce a Vienna, dove vive ancora oggi. Qui ha acquistando un ex cinema muto e un edificio monastico trasformandoli rispettivamente in una sede espositiva, il “Kunst-Staulager AB ART”, e un ristorante che organizza regolarmente banchetti Eat Art basati sulle sue idee degli anni Settanta.
Che cos’è la Eat Art, che trasforma una tavola appena consumata in opera d’arte
Il termine "Eat Art", secondo l’artista, identifica l'esplorazione «di tutto ciò che è commestibile o sembra commestibile«. Le opere realizzate in questo senso testimoniano l'interesse di Spoerri al significato culturale della cucina, per i principi fondamentali dell'alimentazione e per l'atto del nutrirsi come processo esistenziale.
Spoerri ha infatti il grande merito di avere illustrato in maniera giocosa e “pop” l’attrazione continua dell’umanità nei confronti del tema cibo, puntando però i riflettori sul cibo visto come interfaccia imprescindibile fra arte e vita. La sua Eat Art è sì una conseguenza della Pop art e dell’amore per i piaceri luculliani di quegli anni, ma anche ragionamento artistico per nulla superficiale sulla tematica alimentare.
I Tableaux-pièges di Spoerri, letteralmente “quadri trappola”
L'amore di Spoerri per la cucina e la convivialità sono tracciati con le sue opere più conosciute, i suoi Tableaux-pièges, oltre a banchetti a tema, opere edibili, menù e tanto altro. I tableaux-pièges, letteralmente “quadri trappola”, fissano all’infinito momenti frugali e conviviali gastronomici destinati, altrimenti, a svanire velocemente. I suoi “quadri trappola” danno lunga vita ad attimi intensi, ma di natura fugace, come quelli della tavola della condivisione.
Questi quadri sono delle vere e proprie tavole ancora apparecchiate, magari con piatti sporchi, bicchieri macchiati di vino e tovaglie sgualcite, che sottolineano il momento consumato della convivialità e la confusione tipica di una tavola appena goduta da più commensali che si sono scambiati vita attraverso il cibo e tutte quelle relazioni che nascono attorno a una tavola. In queste sue opere non rimane solo il cibo, ma tutta una costellazione di oggetti conviviali che testimoniano il sistema culturale e sociale della nostra vita.
Le tavole verticali vogliono sottolineare il paradosso dell’atto del nutrirsi: mentre ci alimentiamo per vivere, siamo anche spettatori della “morte” del cibo quando lo mangiamo. Ecco che il legame cibo, arte e morte diventano motivo di riflessione per l’artista, e il banchetto, per Spoerri, è bellezza allo stato puro proprio perché gira attorno a un unico problema fondamentale: l’esistenza.
Spoerri, l’eclettico ristoratore
Come anticipato, Spoerri è un talentuoso tuttofare e, come tale, anche nell’ambito del cibo non si fa mancare nulla, trattando la tematica trasversalmente e sotto tanti punti di vista, a sottolinearne, giustamente, la complessità e importanza, senza tralasciarne il lato ludico e divertente. È nel 1968, dunque, che apre il suo Restaurant Spoerri a Düsseldorf in cui, oltre a bistecche di manzo, il menu comprendeva piatti come la cotoletta di pitone, la frittata di formiche e il ragù di serpente, con l'obiettivo di non porre limiti e ampliare il gusto degli ospiti. Le pareti del ristorante erano una mostra continua di sue opere e quelle di amici artisti, tanto che il locale diventa da subito un punto di incontro per la scena artistica locale.
Due anni dopo, l’artista svizzero apre la galleria Eat Art proprio al piano superiore del ristorante, con una mostra dei suoi oggetti di pasta di pane e altre opere d’arte commestibili di amici ed esponenti della corrente di cui lui è padre, tra cui Joseph Beuys, Dieter Roth, André Thomkins e Robert Filliou.
Il cibo nell’arte e nella vita di Spoerri: aneddoti e curiosità
Il pane: un elemento che gioca un ruolo importante nella biografia di Spoerri (ed è base fondamentale della nutrizione nella storia dell’umanità) è il pane. Pare infatti che si debba al pane raffermo di cui si nutriva quando era giovane studente squattrinato a Parigi il punto di partenza della sua passione per la cucina. Spoerri usava sobbollire il pane duro e vecchio con l’aggiunta di preparati per brodi e prepararne una zuppa che un giorno divenne “buonissima” aggiungendo dei peperoni in scatola. Da lì capì l’arte di ingegnarsi in cucina!
Quando diventò famoso, poi, in occasione della mostra “Grocery Store” a Copenaghen nel 1961, Spoerri fece sfornare ottanta panini riempiti di spazzatura, chiodi e vetri rotti, per poi distribuirli come catalogo ai visitatori. Questo “Catalogo Tabou” voleva essere una considerazione sullo spreco di cibo, la qualcosa non ha rispariamo proteste da parte dei fornai stessi… ma si sa, l’arte è provocazione!
Il tema del pane ricomparve nell'opera di Spoerri nel 1970, questa volta sottoforma di oggetti di uso quotidiano come scarpe o una macchina da scrivere, che l'artista riempiva di pasta e infornava.
Il “cuoco segreto” e il bisogno di cucinare: in uno dei suoi esili volontari, a metà degli anni Settanta, Spoerri si rifugia a Tegna, in Ticino, in una vecchia casa piena di oggetti semplici, vecchi, pronti a diventare arte. È proprio nella sua casa di Tegna che si racconta all’allora TSI, svelando di passare due ore al giorno in cucina, perché è cucinando che nascono idee feconde. Per lui cucinare è tutto e si fa chiamare “cuoco segreto”. Il gusto ha per Spoerri una funzione estetica e la cucina fa parte della sua arte. Già nel 1966, dopo aver trascorso quasi dieci anni a Parigi, Spoerri si trasferì nella remota isola greca di Symi per dedicarsi esclusivamente alla cucina per un intero anno. La limitata offerta di cibi disponibili sull'isola, unita alla freschezza assoluta degli ingredienti – verdure degli orti dell'isola, pesce pescato poche ore prima, miele con l'aroma intenso delle erbe che crescevano nella pietraia – hanno alimentato la creatività di Spoerri. Annotava quotidianamente ciò che cucinava e mangiava e successivamente pubblicava un “Diario gastronomico” del suo viaggio nel 1967.
L’organizzazione di banchetti come mezzo di espressione: è 1963 che Spoerri, prima di aprire il suo ristorante a Düsseldorf, realizza la fusione definitiva tra arte e gastronomia. In una mostra alla Galerie J di Parigi aprì infatti un ristorante temporaneo in cui per due settimane vestì i panni de "le Chef Daniel", cucinando ogni sera per 30 ospiti secondo la sua idea di banchetto. Come camerieri assumeva critici d'arte e, alla fine di ogni serata, Spoerri sceglieva un tavolo che “intrappolava” e diventava opera d’arte.
Oltre alla realizzazione di oggetti, infatti, l’artista svizzero nel 1968 scoprì l’organizzazione di cene a tema come mezzo di autoespressione. I suoi spettacolari banchetti avevano lo scopo di stimolare non solo lo stomaco ma anche la mente: volevano mettere in discussione convenzioni culinarie e artistiche, ma anche sottolineare aspetti socioculturali del cibo e sfidavano la concezione di gusto degli ospiti. Un esempio calzante è il banchetto che ideò a tema “La cucina dei poveri del mondo”: Spoerri utilizzò pochi ed economici ingredienti per preparare ai suoi ospiti piatti estremamente sfiziosi e nutrienti, come il porridge di piselli con pancetta o lo stoccafisso con patate.
C’erano poi idee geniali e divertenti come in occasione della cena intitolata “Hommage à Karl Marx”, un banchetto al quale invitava solo ospiti che portavano nomi noti: utilizzando l'elenco telefonico, Spoerri ha rintracciato Johann Wolfgang Goethe, Richard Wagner, Friedrich Engels e molte altre "celebrità" preparando per loro e servendo piatti adeguatamente illustri: Schillerlocken, Mozartkugeln, succo d'arancia Hitchcock e aringa Bismarck.
C’erano poi i banchetti progettati sul principio del palindromo, che si legge sia all'indietro che in avanti: Spoerri serviva tutte le portate in ordine apparentemente inverso, iniziando sigari e caffè – che in realtà erano grissini a forma di sigari e un consommé servito in tazzine da caffè – e un dessert che sembrava un gelato con praline di cioccolato, ma in realtà erano semplicissime polpette con purè di patate.
100 pelapatate e la Svizzera: affascinato dalla diversità degli oggetti di uso quotidiano, Spoerri ha collezionato, negli anni, 723 utensili di cucina. Un giorno decise però di ridurre la sua collezione e concentrarsi sui pelapatate: "Mi sembrava che la virtù tipicamente svizzera della parsimonia si esprimesse in modo più perfetto e ironico in questa invenzione". Pare ne abbia collezionati un centinaio e tutti leggermente diversi tra loro.
La bellezza dei ricettari, la lettura preferita dell’artista: Spoerri ha vissuto la sua passione per il cibo non solo praticamente, ma anche in termini teorici: all'inizio degli anni Settanta ha iniziato a collezionare libri di cucina e oggi possiede più di 800 edizioni, tra cui rarità come la prima edizione firmata de “Le pâtissier pittoresque” di Marie- Antoine Carême dell'anno 1815. Spoerri però non usa ricette per cucinare, al massimo prende i libri come ispirazione per nuove combinazioni di sapori. Come racconta in un’intervista rilasciata a Flavia Foradini per Rete Due: «Ho una biblioteca di 800 ricettari e per anni ho letto solo libri di ricette perché li trovavo belli».
Spoerri a Milano
Attualità culturale 27.04.2018, 08:02