Territorio e tradizioni

Il riso Loto "100% ticinese” e coltivato a secco

Da più di vent'anni, in Ticino, si coltiva una varietà di riso adatta alle condizioni locali che permette di risparmiare acqua ed energia

  • 16 agosto 2023, 18:04
Copertina riso
  • ©Terreni alla Maggia
Di: Emma Berger 

Con il clima che cambia, l’agricoltura si trova confrontata a condizioni che mettono in difficoltà alcune colture. È stato il caso della risicoltura, che lo scorso anno, in Italia, ha reso il 17% in meno dell’anno precedente a causa della siccità. La coltivazione tradizionale di riso, infatti, necessita di abbondante acqua per sommergere le risaie durante la semina. Ci sono però metodi alternativi per coltivarlo e c’è chi li adotta proprio in Ticino, in particolare sul Delta della Maggia. Abbiamo parlato con Guendalina Rampazzi, direttrice commerciale, marketing e comunicazione di Terreni alla Maggia, l’unica azienda agricola in Ticino a coltivare un riso a secco, 100% ticinese.

Il riso Loto e il suo arrivo in Ticino

Tutte le varietà di riso appartengono alla stessa specie Oryza sativa. Sul mercato possono chiamarsi in modi diversi ed essere commercializzati con la loro “scorza” ricca di sostanze nutritive si parla di riso integrale e non raffinato – oppure raffinato: più è bianco e più è stato lavorato, nei mulini, per ottenere chicchi perfettamente bianchi, rendendo il riso più conservabile. Oltre ai risi bianchi, esistono anche risi rossi, bruni o selvaggi. Il riso si differenzia anche per il suo chicco: più bombato e arrotondato, fino ad arrivare a chicchi allungati e sottili, da medi a lunghi. All'interno di questi tipi, esistono poi varietà collose e non collose che si differenziano tra loro anche per la concentrazione di amido: quello colloso contiene molta amilopectina, un tipo di amido idrosolubile che può però trattenere molta acqua richiedendo cotture a vapore o se lo si vuole in stato “gelatinoso”, come si prepara nel Sud-Est asiatico per dolci simili ai pudding – lo si può cuocere in acqua; mentre il riso non colloso contiene meno amilopectina ma più amilosio, un tipo di amido idrosolubile in acqua calda che, al momento della cottura, forma una crema che rende quel riso adatto a piatti tipo il riso-latte o i classici risotti. Tra i risi suggeriti per le preparazioni come il risotto, oltre il Carnaroli, l’Arborio, il Roma e il Baldo, c’è proprio il riso Loto (o Ribe): un tipo di riso a grano lungo, dai chicchi ovali e perlati, che tiene bene la cottura. È un ottimo ingrediente per preparazioni più complesse, ma è perfetto anche per le insalate di riso.

Riso Loto

Markus Giger (Responsabile Campicoltura dei terreni alla Maggia) nei campi di riso varietà Loto, mentre mostra il prodotto finito dopo la raffinatura nelle riserie di Taverne.

  • ©Ti-Press / Alessandro Crinari

A Guendalina Rampazzi abbiamo chiesto come e quando questa varietà sia arrivata in Ticino: «A metà degli anni Ottanta la nostra azienda ha attraversato un periodo difficile a causa della diminuzione dei prezzi del mais, grano e soia. Bisognava trovare delle colture alternative, più mirate e adatte alle condizioni locali. Nel 1997, alcuni ricercatori dell’azienda si sono recati nella zona di Vercelli, in Piemonte, conosciuta per le numerose varietà di riso coltivate, per selezionare una semenza ideale. La scelta è ricaduta proprio sul riso “Loto”, ideale per tre motivi principali.
Innanzitutto, la sua durata di coltivazione è di 140 giorni circa, che è minore rispetto a quella di un riso tradizionale che si aggira attorno ai 180 giorni; la semina, quindi, avviene attorno a fine aprile e la raccolta a fine settembre-inizio ottobre. Questo è ideale perché permette di sfruttare i nostri mesi caldi e gestire la coltivazione prima che le temperature diventino troppo fredde.
In seguito, la possibilità di coltivarlo a secco era un altro punto a favore, dal momento che i terreni del Delta della Maggia sono sabbiosi e non adatti per gli allagamenti delle risaie. Inoltre, le temperature primaverili sono troppo fredde e richiederebbero un riscaldamento dell’acqua.
In ultimo, era importante scegliere un prodotto vicino alle tradizioni ticinesi. Essendo il risotto un piatto tipico della Svizzera italiana, non è stato difficile scegliere il Loto, che si presta perfettamente a questa ricetta».

È così che il Loto è diventato un riso al “100% ticinese”: la sua coltivazione e la sua lavorazione, infatti, avvengono completamente in Ticino, con una prima parte di lavorazione in azienda ai Terreni alla Maggia e, in seguito, in riseria per la parte finale. In questa zona tra Locarno e Ascona, dunque, è nata la prima e unica produzione di riso Loto del Ticino.

Rampazzi.jpg

Guendalina Rampazzi e Fabio Del Pietro, direttore agricoltura ed enologia

  • ©Terreni alla Maggia

Coltivare a secco: un bene per il territorio e l’ambiente

«Il nostro riso viene coltivato a secco – spiega Guendalina Rampazzi – i campi non devono essere allagati, ma soltanto bagnati una volta alla settimana da una grossa piovuta, in estate solitamente garantita. Oltre a permettere di risparmiare acqua ed energia, questo metodo diminuisce le emissioni di metano, un gas serra che si forma nei campi tradizionali sommersi d’acqua. Nel caso in cui le piogge non dovessero essere sufficienti, come lo scorso anno, le simuliamo noi con l’irrigazione. Il quantitativo d’acqua necessaria è comunque inferiore a quello che serve alla risicoltura tradizionale. Inoltre, il sole e il caldo aiutano la maturazione del riso».
Guendalina ci spiega poi le tappe di lavorazione del riso: dopo la raccolta, che avviene soprattutto in base al tasso di umidità del chicco (che deve essere del 25%), i chicchi vengono essiccati per circa due settimane; arriva poi il momento della sbramatura, una lavorazione con cui viene rimossa la buccia esterna; il riso viene poi sottoposto a una quarantena e trasportato in riseria, dove si raffina facendolo diventare bianco e non più integrale. Tutta la filiera produttiva dura circa un mese e mezzo-due mesi.

La rotazione delle colture ai Terreni alla Maggia

Abbiamo più volte raccontato quanto il bene di un territorio e del suo settore agroalimentare passi, in primo luogo, da metodi di produzione meno impattanti sull’ambiente, come bene testimonia il metodo di coltura chiamato agroecologia. Anche i Terreni alla Maggia ha cuore il bene del terreno che ospita le sue colture: per questo adotta la tecnica della rotazione delle colture. Come spiega Guendalina: «I 50 ettari che quest’anno coltiviamo con il riso, l’anno scorso erano destinati alla coltivazione di patate, mais e grano duro. Un campo dove adesso ci sono le carote, fino a giugno era coltivato a grano duro, e l’anno prossimo sarà ideale per il riso. Alterniamo le coltivazioni anche con altri nostri prodotti, come il mais e il grano duro, che ci permettono di sfruttare in modo più efficiente i nostri spazi».

Fonti
Food - viaggio alla scoperta del meraviglioso mondo dei sapori, Teubner Edition, 2001
terreniallamaggia.ch
myswitzerland.com

Correlati

Ti potrebbe interessare