Approfondimento

Pochi medici di valle, “sarà presto un grosso problema”

In Svizzera nelle aree periferiche i dottori di base sono la metà di quelli attivi in città e lavorano l’8% in più - La ricetta del presidente del Circolo Medico Tre Valli contro la penuria

  • 25 novembre 2023, 06:44
  • 25 novembre 2023, 08:22
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Periferia o città, ci vuole orecchio

  • Keystone
Di: Stefano Pianca 

Ce ne sono sempre meno e lavorano più. In Svizzera i medici di campagna, ma in Ticino è più calzante definirli di valle, sono la metà di quelli attivi in città. Lo dice la radiografia pubblicata venerdì dall’Ufficio federale di statistica (UST), secondo cui nelle zone urbane, i dati sono di fine 2021, si contava un medico di base ogni 1’000 abitanti, contro gli 0,4 medici nelle zone rurali.

La statistica dice anche che la settimana lavorativa media di chi presta servizio nelle realtà discoste è di 41,3 ore, contro le 38,1 dei dottori cittadini (l’aggravio orario corrisponde circa all’8%). Quasi a conferma di ciò, ci siamo intromessi nei dieci minuti di pausa pranzo del dr. med. Sandro Bonetti, presidente del Circolo Medico Tre Valli e medico di famiglia a Dongio, per chiedergli se questi numeri lo preoccupano. Il carico di lavoro in più, è la sua premessa, può dare luogo a due riflessioni, una negativa “perché significa meno ore passate a casa, ma potrebbe anche voler dire che i medici di città lavorano meno ore perché sono molti di più e il numero di pazienti è meno folto. In fondo va bene così perché vuol dire che in valle c’è attività”.

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Il dottor Sandro Bonetti, presidente del Circolo Medico Tre Valli

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“Un grosso problema tra dieci anni”

In futuro, addirittura, potrebbe essercene troppa. L’offerta di medici di base nelle realtà più discoste, a fronte anche di una popolazione che invecchia, potrebbe tra pochi anni risultare insufficiente: “Nel nostro Circolo - dice il dottor Bonetti - non siamo ancora a livelli di 0,4 medici ogni mille abitanti. Il rapporto oggi, in unità a tempo pieno, è di un medico ogni 1’100 abitanti, ma le nostre proiezioni ci dicono che fra tre anni saremo a uno ogni 1’450 e fra dieci anni a uno ogni 2’350 (0,42 per mille, in pratica la situazione svizzera attuale, ndr). Se come temiamo, anche a fronte di un’età media per la categoria di 56 anni, non tutti i medici che smettono verranno sostituiti, ci sarà chiaramente un grosso problema”.

Lo scenario che si può oggi prefigurare porta verso un ulteriore sovraccarico di lavoro. “Il rischio è che le visite, per il meno tempo a disposizione, diventino più brevi, più superficiali e di corsa. Ma non solo, la carenza di medici potrebbe portare a maggiori consulti specialistici, perché alcune cose saremo costretti a delegarle. Ci potrebbero essere più ospedalizzazioni con conseguenze anche sui costi della salute. Senza dimenticare che nella Costituzione è sancito che il Cantone e la Confederazione hanno il dovere di fare in modo che l’offerta sanitaria di base sia uguale su tutto il territorio”.

L’altro grosso problema in periferia, continua il dottor Bonetti, “sono i picchetti che svolgiamo fino a 60 anni su un territorio molto vasto, in tutta la Val di Blenio, la Riviera e la Leventina, Valle Bedretto compresa. Con il ricambio generazionale che stenta, siamo sempre di meno a fare il picchetto”. Che le condizioni dell’attività lavorativa dipendano anche dalla regione è confermato anche dai dati dell’UST, dove si osserva che quasi tre quarti dei medici di base che esercitano in campagna partecipavano nel 2021 a un servizio di guardia, contro la metà dei medici di città.

Sempre più donne, i vantaggi in periferia

Sempre dalla statistica risulta confermato l’aumento delle donne tra i medici di base. La tendenza è nota, ma si può precisare che alla fine del 2021 le dottoresse rappresentavano il 47,9% dei medici di base, contro il 43,4% del 2018. Tra i professionisti al di sotto dei 45 anni il sorpasso è già avvenuto: più di sei medici su dieci erano donne. “Per fortuna”, commenta Bonetti, aggiungendo che ciò potrebbe avere risvolti positivi soprattutto nelle aree rurali. “Il modello moderno di studio medico è sempre più di gruppo. In Svizzera, gli studi individuali di medicina di famiglia registrano importanti cali annui e ora si situano attorno al 25-30%”. Proprio lo studio medico di gruppo, rileva il presidente del Circolo Medico Tre Valli, “è il luogo ideale dove svolgere un lavoro part-time. Ideale quindi per le donne che con la gravidanza e poi l’accudimento dei figli restano a casa per una certa percentuale di tempo. La femminilizzazione della professione è dunque positiva anche per la periferia”.

Lo studio non quantifica invece se a quell’8% di tempo lavorativo in più prestato dai medici di campagna corrisponda un vantaggio economico rilevante. Ne dubita un po’ il nostro interlocutore: “Sappiamo che la medicina di famiglia è la seconda specialità, dopo gli psichiatri, meno pagata in Svizzera. Lo conferma la stessa statistica dell’Ufficio federale di sanità pubblica dove non si parla di guadagni milionari al contrario di quello che pensa la popolazione. Non saprei dire se guadagniamo di più di chi lavora in città. Probabilmente sì, visto che il tempo è remunerato secondo Tarmed, ma non si parla di cifre astronomiche”. Senza dimenticare che medico di valle significa anche disponibilità alle visite a domicilio. Dopo questa intervista, lo stesso dottor Bonetti si recherà da “una signora che probabilmente ha un Covid che le procura tosse. Ma è una grande anziana e in questi casi si va volentieri a domicilio”.

La ricetta contro la penuria all’orizzonte

C’è tempo per un’ultima domanda, ossia qual è la sua ricetta per rimediare alla penuria di medici verso cui stanno andando le valli. “Vedo diverse novità all’orizzonte - dice il dottor Bonetti -. Spero che possa portare un beneficio l’Istituto di medicina di famiglia dell’Università di biomedicina a Lugano. Sostanzialmente aiutandoci a portare più medici a formarsi negli studi medici. Il problema attuale è che la formazione dei medici di famiglia viene svolta tutta in ospedale da personale che non ha francamente una vera idea di cosa succede in uno studio di periferia. Alla fine quindi i giovani non scelgono questa specialità perché non la conoscono”. La formazione specifica obbligherà a periodi di almeno sei mesi o anche più in uno studio medico.

Preferibilmente di periferia, aggiunge Bonetti, “qui il lavoro è molto più appassionante rispetto alla città dove ci sono a disposizione più apparecchi di risonanza magnetica o TAC e anche specialisti. In periferia contano di più gli occhi e le mani e il lavoro cognitivo di ricerca della diagnosi è sicuramente più stimolante”. Da ultimo, conclude il medico di Dongio, “sostengo l’idea, un po’ utopica forse, di creare dei centri della salute come il polo sociosanitario che sta nascendo ad Acquarossa. Centri dove i medici di famiglia lavorano assieme, abbandonando la vecchia idea dello studio che ruota attorno all’one man show. Questo permetterebbe anche ai medici assistenti in formazione di toccare con mano quanto la medicina di valle sia avvincente”.

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Radiogiornale delle 12.30 del 24.11.23. il servizio di Laura Dick

RSI Info 24.11.2023, 17:02

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