Ambiente

La pazienza del faggio

La sua lenta conquista del territorio europeo inizia 12’000 anni fa. Oggi è la specie arborea dominante, ma la siccità è la sua principale minaccia 

  • Oggi, 16:02
  • 3 ore fa
Faggeta

La "mossa del faggio" è il titolo del documentario di Giovanni Casari proposto dal Giardino di Albert sabato 14 dicembre alle 17:00 su RSI LA1

  • Imago
Di: Red. Giardino di Albert /Matteo Martelli  

Camminando attraverso una faggeta, fra i caleidoscopici giochi di luci e ombre che le sue immense chiome regalano, vi sarà forse capitato di osservare degli alberelli, all’apparenza molto giovani, spuntare accanto a faggi ben più imponenti e maestosi. Ebbene, vi stupirà sapere che questi piccoli arbusti possono avere addirittura fino a 80 anni. Aspettano che i grandi faggi accanto a loro muoiano, per poter ricevere un po’ di luce e iniziare il loro percorso di crescita che potrà spingerli a toccare i 50 metri di altezza.

È forse questa l’immagine più rappresentativa e poetica per descrivere la geniale pazienza del faggio europeo. La storia dell’espansione di quest’artista della sopravvivenza inizia al termine dell’ultima epoca glaciale, oltre diecimila anni fa. Prima di allora, il territorio del Vecchio continente era pressoché privo di foreste, fatta eccezione per alcune zone del Sud Europa. “Ci sono stati molti fattori che hanno cambiato l’ecologia dei boschi. Fra questi, l’uomo e l’agricoltura”, spiega Willy Tinner, paleoecologo dell’Università di Berna, che prosegue: “il faggio sappiamo che è una specie che normalmente aumenta la sua diffusione anche quando aumenta l’azione antropica”. È infatti grazie a un’inedita alleanza con l’uomo, che ne ha sfruttato le risorse straordinarie, insieme alla sua capacità di adattarsi a una molteplicità di condizioni climatiche, geografiche e fisiche, che il faggio ha saputo raggiungere ogni angolo d’Europa, andando a colonizzare territori molto diversi tra loro.

Faggeta di Jasmund

La faggeta del parco nazionale di Jasmund, in Germania, è fra le più suggestive d'Europa. Ospita anche le più ampie falesie di gesso del Paese.

  • IMAGO/GabrielexThielmann

Le faggete, un patrimonio dell’umanità da proteggere

In Europa oggi si distinguono 36 varianti geografiche, suddivise in ben 86 tipologie di faggete, e in ognuna di queste, il faggio ha delle caratteristiche uniche. Un valore eccezionale che nel 2021 ha portato al riconoscimento di Patrimonio mondiale dell’UNESCO di quasi un centinaio di foreste antiche o primarie distribuite su 18 Stati europei. Fra queste, rientra anche la faggeta nelle Valli di Lodano, Busai e Soladino. Le faggete di queste valli coprono un dislivello di oltre 1000 metri e sono particolarmente interessanti per la loro posizione climatica e geologica. Nelle aree più remote, dove l’influenza umana è stata assente per secoli, si possono trovare alberi maestosi e antichi che possono raggiungere i 250 anni.

Una curiosità: nel corso della sua vita, un faggio produce milioni di semi, ma solo uno o due cresceranno fino a raggiungere la maturità.

Preservare e proteggere la bellezza del mondo che ci circonda, è una conquista quotidiana. Anche per questo nel 2022 nasce il Gruppo strategico per la gestione e la valorizzazione di questi boschi valmaggesi. Fra le azioni intraprese sinora, vi sono la creazione di sentieri e un centro visitatori a Lodano, dove “chi non ha la possibilità di salire nelle faggete può avvicinarsi a questi ambienti attraverso l’uso di materiali audiovisivi e pannelli”, spiega Paolo Poggiati, presidente del Gruppo strategico Faggete. 

03:04

Antiche faggete ticinesi, un patrimonio protetto

Il Quotidiano 12.12.2024, 19:00

Un futuro incerto

Ma una minaccia incombe sui faggi di tutta Europa: il cambiamento climatico. Secondo un recente studio dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL), entro la fine di questo secolo in Svizzera il faggio non sarà più considerato una specie dominante delle nostre foreste, in particolare nelle zone di pianura. “Le foglie dei faggi tra fine luglio e inizio agosto hanno già l’aspetto che normalmente hanno in ottobre. E questo è un segno molto chiaro: sono danni causati dalla siccità”, spiega Arthur Gessler, l’autore principale dello studio. “Il faggio non è destinato a scomparire, ma a trasformarsi” - precisa il presidente del Gruppo strategico Faggete, Paolo Poggiati - “quanto e come, in realtà non lo sappiamo”. E conclude: “noi sosteniamo anche la ricerca scientifica nelle nostre faggete proprio per avere delle risposte a questi quesiti, in modo tale che anche noi possiamo prepararci ai cambiamenti che ci attendono”. Con una speranza: che la diversità genetica favorita dalle varie foreste protette in Europa ospiti la combinazione genetica in grado di adeguarsi alle nuove situazioni climatiche del futuro.

06:12

Brutte notizie per i faggi

SEIDISERA 12.12.2024, 18:00

  • TiPress

Sensibilizzare per proteggere

Fra le linee guida del quadriennio 2025-2028 del Gruppo strategico figurano la sensibilizzazione e l’educazione ambientale, tanto nelle scuole quanto nei confronti della popolazione. Ed è in questo filone che si inserisce il documentario “La mossa del faggio” di Giovanni Casari, una coproduzione del programma di divulgazione scientifica della RSI Giardino di Albert e del Gruppo strategico Faggete. Un lavoro ricco di informazioni e immagini affascinanti raccolte, oltre che nelle Valli di Lodano, Busai e Soladino, in diverse faggete europee parte del patrimonio UNESCO, presentato in anteprima al pubblico in Valle Maggia.

Foto serata Giardino di Albert _ presentazione Mossa del Faggio.jpg

Un’immagine dell’anteprima al pubblico di giovedì 12 dicembre 2024 al Centro scolastico Bassa Valle Maggia ai Ronchini di Aurigeno in presenza di oltre un centinaio di persone.

  • © Sara Ostapiuk

Il documentario verrà diffuso al Giardino di Albert questo sabato 14 dicembre 2024 alle 17:00 su RSI LA1, e sarà recuperabile inoltre dal PLAY RSI. 

06:12

Brutte notizie per i faggi

SEIDISERA 12.12.2024, 18:00

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