“Il minimo movimento è importante per tutta la natura. L’intero oceano è influenzato da un sassolino”. Il filosofo, matematico e fisico del ‘600 Blaise Pascal ci vedeva piuttosto “lungo” e ci aiuta, con la sua citazione, a introdurre la quarta puntata della miniserie RSI Info #ilclimaspiegato, in collaborazione con MeteoSvizzera.
Il clima e gli oceani sono infatti strettamente legati e gli oceani giocano un ruolo fondamentale nel determinare il clima sia a livello regionale che globale. Le grandi distese d’acqua sono cruciali per il clima per vari motivi, che scopriremo come d’abitudine con il meteorologo di Locarno-Monti Luca Nisi.
Oceani, Correnti e Clima
Gli oceani assorbono e rilasciano calore lentamente, riducendo le variazioni della temperatura globale. “Ad esempio, in estate, il motivo del fatto che le temperature sulle coste sono meno torride rispetto all’entroterra è da ricercare all’alto calore specifico dell’acqua: l’assorbimento e il rilascio di calore avviene molto più lentamente rispetto alla terraferma. Questo è anche il motivo per cui i climi continentali (presenti in tutte le zone alle medie latitudini lontani dai mari e dagli oceani) a parità di latitudine le estati sono più calde e gli inverni più freddi rispetto alle zone costiere e in prossimità delle grandi distese d’acqua. La massiccia presenza di acqua sul nostro pianeta impedisce quindi, a livello globale, fluttuazioni estreme di temperatura tra estate e inverno, ma anche tra giorno e notte. Un fenomeno che possiamo osservare anche su scala più piccola, visto che si parla di mari e non di oceani, nella vicina Italia o anche in Spagna, dove la temperatura in prossimità delle coste – e quindi dell’acqua – si innalza decisamente meno rispetto a quanto avviene nell’entroterra. Gli oceani con la loro capacità termica immagazzinano inoltre in modo lento una grandissima quantità di calore durante l’estate, che poi viene rilasciato lentamente durante l’inverno e per questo anche le stagioni fredde nelle zone costiere sono relativamente più miti”.

Lo schema della circolazione termoalina (inglese)
Un altro influsso importante sul clima riguarda la circolazione termoalina, con cui gli oceani ridistribuiscono il calore dall’equatore – dove l’energia solare è decisamente più forte – alle latitudini più alte e meno irraggiate, agendo come una sorta di riscaldamento. “La corrente del Golfo, ad esempio, rende gli inverni in Europa più miti, in particolare nella zona del Regno Unito. Gli oceani influenzano anche fenomeni atmosferici estremi come uragani, tifoni e cicloni, che richiedono temperature superficiali marine particolarmente elevate, come avevamo già visto ne #lameteospiegata.
Ci sono poi fenomeni come El Niño e La Niña, pure già visti nella serie meteorologica, che accoppiano atmosfera e oceano, determinando zone siccitose o molto piovose – e la loro inversione – soprattutto nelle zone più colpite del Pacifico (coste sudamericane e zona dell’Indonesia), ma arrivando a influenzare anche il clima globale. Gli oceani, come già accennato nella puntata precedente, assorbono anche grandi quantità di anidride carbonica, riducendo le concentrazioni atmosferiche, ma causando al contempo l’acidificazione delle acque. Se non ci fossero gli oceani la concentrazione di CO2, anche solo quella naturale senza effetto antropico, sarebbero decisamente più elevata con tutte le conseguenze immaginabili sull’effetto serra.
Gli oceani influenzano infine anche il ciclo idrologico globale, determinando la quantità e la distribuzione delle precipitazioni. Zone lontane dagli oceani tendono a essere più aride, mentre quelle vicine sono più umide. Al di là della circolazione atmosferica e le interazioni con la stratosfera, la presenza degli oceani è quindi fondamentale per la distribuzione globale delle precipitazioni”.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/oltre-la-news/Le-precipitazioni-svelate-e-spiegate--1816659.html
Un deposito di anidride carbonica (a rischio)
Ci sono diversi processi legati all’assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica da parte degli oceani. “Principalmente, l’anidride carbonica viene assorbita dagli oceani e poi convertita in forme stabili attraverso processi chimici o attività biologiche come la fotosintesi del fitoplancton e la formazione di carbonato di calcio. Tuttavia, i cambiamenti climatici stanno influenzando la capacità degli oceani di assorbire anidride carbonica: più l’acqua è calda, meno CO2 viene infatti assorbita, e questo è uno dei tanti feedback negativi del riscaldamento globale. In parole povere, gli oceani sono sempre stati nostri grandi alleati nel limitare le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera, ma il loro aiuto tende a indebolirsi”.
Gli oceani assorbono l’anidride carbonica atmosferica in vari modi. Uno di questi è la solubilità della CO2, che può appunto dissolversi nell’acqua. “Quando l’aria sopra la superficie dell’oceano contiene CO2, questa si dissolve nell’acqua a causa della differenza di concentrazione (più alta in atmosfera). Questo processo è influenzato da fattori come la temperatura e la salinità dell’acqua: come già detto, più l’acqua è fredda e maggiore è la sua capacità di assorbire CO2. La circolazione termoalina facilita poi da parte sua il trasporto del carbonio dalla superficie oceanica verso le profondità, dove può rimanere intrappolato per secoli, anche in questo caso aiutando a ridurre le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera. Parte della CO2 assorbita dagli oceani si lega però alle molecole d’acqua, formando acido carbonico, che diminuisce il pH dell’acqua marina, causando l’acidificazione degli oceani. Questa è l’altra faccia della medaglia, decisamente meno positiva”.
La CO2 disciolta in acqua forma acido carbonico (H2CO3) che si dissocia rapidamente producendo ioni idrogeno (H+). Questa reazione abbassa il valore di pH dell'acqua, che corrisponde a un aumento di acidità.
Sempre restando nell’ambito dell’assorbimento dell’anidride carbonica c’è poi il contributo della flora vegetale e animale marina. “Per quanto riguarda quella vegetale, il fitoplancton assorbe anidride carbonica durante la fotosintesi per produrre zuccheri e ossigeno, un po’ allo stesso modo di quanto fanno gli alberi con l’atmosfera terrestre. Quando poi il fitoplancton muore, viene consumato da altri organismi marini, che lo mangiano e una volta morti a loro volta vanno spesso a finire sui fondali oceanici, stoccando così l’anidride carbonica. Questo processo è noto come pompa biologica del carbonio. Il mondo animale contribuisce poi anche attraverso molluschi marini, coralli e altre specie che formano conchiglie e scheletri di carbonato di calcio, utilizzando l’anidride carbonica disciolta nell’acqua. Quando questi organismi muoiono, le loro strutture si depositano sui fondali oceanici, stoccando il carbonio sotto forma di carbonato di calcio. Tutti questi processi, come già detto, aiutano a regolare le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera e negli oceani”.
Le correnti, il mescolamento e i processi oceanici
Le correnti marine, sia di superficie che profonde, sono il principale motore del mescolamento oceanico. “Queste correnti non si limitano a uno strato specifico dell’oceano, ma si trovano a diverse profondità a seconda della posizione geografica. Le correnti superficiali sono principalmente generate dai venti, mentre le correnti profonde sono il risultato della circolazione termoalina, influenzata dalle differenze di temperatura e salinità tra le diverse masse d’acqua. Un processo che contribuisce a questo mescolamento è la convezione: il calore solare riscalda l’acqua superficiale dell’oceano che quindi evapora, aumentando la salinità dell’acqua. Quest’acqua più salina diventa anche più pesante e scende verso il fondo. Anche il raffreddamento dell’acqua superficiale alle alte latitudini, diventando più pesante , contribuisce a moti verticali verso il basso. Questi due fenomeni sono il motore dei moti verticali all’interno dell’oceano. Ci sono poi le onde, generate dal vento, e le maree, causate principalmente dall’attrazione gravitazionale della Luna. Le maree possono essere molto significative, come ad esempio nel Regno Unito, ma sono presenti anche nel Mediterraneo e generano correnti più o meno regionali.
Il livello del mare attraverso un oblò
RSI Info 20.03.2025, 16:08
Il cambiamento climatico sta però disturbando tutti questi processi. Il riscaldamento globale sta aumentando la temperatura delle acque superficiali, creando uno strato più caldo, che diminuisce in generale la capacità dell’acqua di scendere verso il fondo. Questo crea una stratificazione più forte, impedendo o frenando i moti verticali. Un altro effetto osservato è che l’evaporazione maggiore dovuta all’acqua più calda aumenta la salinità superficiale, rendendo l’acqua più pesante e facendola sprofondare prima di raggiungere le alte latitudini. È quello che succede ad esempio con la corrente del Golfo, che vedremo meglio in seguito, che viene spezzettata e rallentata. D’altro canto anche la pronunciata fusione dei ghiacci polari (molto intensa a causa dell’amplificazione polare) riduce il moto verticale verso il basso. L’acqua dolce da fusione fa diminuire la salinità dell’acqua in superfice, rendendola meno densa e più propensa a galleggiare rispetto a sprofondare.
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C’è poi la già citata acidificazione degli oceani che altera la chimica e la struttura degli ecosistemi marini (temperature e salinità), influenzando a sua volta il rimescolamento delle acque e i moti verticali. Il cambiamento climatico può inoltre modificare l’intensità e la direzione dei venti, come già visto ne #lameteospiegata, andando a influenzare le correnti superficiali. Infine, anche l’innalzamento del livello dei mari alterna la dinamica delle correnti. Tutti questi fattori spingono al declino diverse correnti o potrebbero addirittura interromperle nei prossimi decenni o secoli”.
Le principali correnti oceaniche
Prima di menzionare le principali correnti oceaniche, è importante sapere che buona parte del loro innesco è da ricercare nei venti prevalenti. “Sul globo – come pure visto ne #lameteospiegata – ci sono tre fasce di venti superficiali prevalenti: gli Alisei dall’equatore ai 30 gradi di latitudine, i venti occidentali (Westerlies) dai 30 ai 60 gradi di latitudine e i venti orientali polari dai 60 gradi di latitudine ai poli. La zona di convergenza tra gli Alisei e i Westerlies crea rotazioni all’interno degli oceani, chiamate “Gyres”, che influenzano sia gli strati superficiali che quelli profondi.
Una delle correnti più importanti e che ci riguarda da vicino è il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (AMOC), di cui la nota Corrente del Golfo è una parte. L’AMOC si sviluppa nell’Oceano Atlantico, trasportando acqua calda dai tropici verso il Nord Atlantico, riscaldando in particolare il clima dell’Europa settentrionale, ma influenzando tutto il Continente. La Corrente del Golfo è infatti fondamentale per il clima del Regno Unito, che gode di inverni più miti grazie a essa, rispetto alle zone di latitudini equivalenti sull’altra sponda dell’Atlantico (Canada). Questa corrente sui libri di testo è a volte anche definita nastro trasportatore oceanico e, oltre al clima europeo, ha effetti in tutto il globo.
Un altro esempio è la corrente del Pacifico equatoriale, o corrente di Cromwell, che si sposta da est a ovest lungo l’equatore, trasportando acque calde e stabilizzando il bilancio termico dell’Oceano Pacifico. Questa corrente è pure determinante per i fenomeni di El Niño e La Niña, già ampiamente approfonditi ne #lameteospiegata. La corrente Circumpolare Antartica è invece l’unica corrente che circola completamente intorno al globo, muovendosi da ovest a est intorno al Polo Sud. È la corrente più forte e lunga e collega tutti gli oceani trasportando principalmente acque fredde e influenzando il bilancio termico dell’emisfero australe. La corrente del Kuroshio, la seconda corrente oceanica più imponente, si sviluppa nell’Oceano Pacifico occidentale, trasportando acque calde dalla zona equatoriale verso il Giappone e la costa orientale dell’Asia. Ha effetti simili a quelli che ha la Corrente del Golfo per l’Europa, ma per l’Asia. Infine, tra quelle principali troviamo anche la corrente australiana orientale (EAC) si sviluppa nell’Oceano Pacifico meridionale, portando acque calde dall’equatore verso la costa orientale dell’Australia, determinando anche in questo caso un clima più mite rispetto a quello che si dovrebbe trovare a quelle latitudini, soprattutto nella parte meridionale della costa australiana che guarda verso il Polo Sud”.
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L’allarme sulla Corrente del Golfo: un’Europa fredda e secca in un mondo che si riscalda?
Le correnti oceaniche sono quindi dei grandi regolatori climatici e, come abbiamo visto la Corrente del Golfo, che ci riguarda più da vicino influenzando il clima europeo, è ormai sempre più a rischio, come più in generale tutto il sistema AMOC. L’allarme su un suo possibile collasso è infatti sempre più pressante, tanto che un gruppo importante di scienziati del clima delle regioni nordiche ha lanciato l’allarme in una lettera aperta indirizzata ai governi dei paesi nordici in cui si afferma che questo rischio è stato finora sottovalutato. “Se la Corrente del Golfo si indebolisse o addirittura si interrompesse, la temperatura media del Regno Unito – e abbiamo visto nella puntata sulla paleoclimatologia quanto anche un numero all’apparenza piccolo possa avere conseguenze enormi - potrebbe calare di tre gradi, con inverni decisamente più rigidi nell’Europa nordoccidentale. A titolo di confronto, durante la piccola era glaciale, circa tra il 1350 e il 1850, la temperatura mondiale calò di circa 0,6 gradi. Inoltre per l’Europa settentrionale avverrebbe anche un cambiamento del regime di precipitazioni, con meno piogge, visto che l’acqua calda porta con sé anche maggiore umidità, fronti perturbati e zone di bassa pressione. Condizioni più siccitose che si ritroverebbero anche nell’area mediterranea e di conseguenza a sud delle Alpi, ma le conseguenze sui sistemi piovosi si allargherebbero in realtà a tutto il mondo”.

L'incipit della lettera-allarme degli scienziati artici
Gli scienziati attribuiscono il rallentamento e il possibile declino in gran parte agli effetti del riscaldamento globale, come già visto precedentemente parlando di correnti oceaniche. Il collasso di questa corrente porterebbe pure a un aumento del livello del mare sulle coste atlantiche di circa mezzo metro. Un assaggio di cosa potrebbe voler dire per l’Europa un forte rallentamento o un collasso della corrente del Golfo lo possiamo avere grazie agli studi paleoclimatici: “Alla fine dell’ultima grande era glaciale, si verificò un periodo chiamato “Dryas recente”, noto anche come periodo di grande congelamento. L’atmosfera si stava gradualmente riscaldando, ma tra i 12’000 e gli 11’000 anni fa, questo riscaldamento fu interrotto da un periodo particolarmente freddo. I motivi di questo raffreddamento sono vari e in parte sconosciuti, ma si ritiene che l’indebolimento della circolazione termoalina e della Corrente del Golfo abbia giocato un ruolo significativo”.

Andamento osservato della temperatura superficiale del mare dal 1993 al 2021 (dati Copernicus), con illustrazione approssimativa delle correnti oceaniche. Una tendenza al raffreddamento può essere osservata nel Nord Atlantico
L’indebolimento della Corrente del Golfo potrebbe anche impattare sul vortice polare artico, argomento largamente approfondito ne #lameteospiegata, “spostando il suo centro verso il Nord America e il Canada, portando inverni più rigidi anche in quelle regioni. Certo, questi scenari sono basati su modelli climatici con un alto grado di incertezza, ma non devono essere ignorati, poiché potrebbero avere un impatto significativo per la vita sulla Terra. L’incertezza, come già visto anche nella prima puntata, riguarda anche gli scenari di emissioni future: se le emissioni continueranno ai livelli attuali, la temperatura globale aumenterà molto più degli 1,5 o 2 gradi previsti dagli accordi di Parigi. Questo aumento influenzerà ulteriormente la Corrente del Golfo, che potrebbe indebolirsi o interrompersi ancora prima. Un declino lento e parziale avrebbe effetti attenuati, mentre un declino rapido e totale porterebbe a cambiamenti climatici improvvisi e sconvolgenti per l’Europa e non solo”. Le previsioni più pessimistiche indicano un declino importante della Corrente del Golfo entro la fine del secolo, con un punto di non ritorno già nei prossimi decenni. Altre pubblicazioni scientifiche mostrano invece un declino più lento o addirittura escludono una completa interruzione. La maggior parte dei modelli prevede comunque un declino significativo, confermato anche dai dati satellitari, con tempi che vanno da poche decine di anni a qualche secolo.

Variazione dell'AMOC rispetto sua intensità media del periodo 1850-1900 all'aumentare della temperatura media globale per scenari di emissioni medio-alte. Sono state effettuate diverse simulazioni e il risultato è una mediana del cambiamento con un intervallo di incertezza. Esempio: se l'obiettivo climatico di Parigi di un aumento della temperatura globale di 1,5 °C (linea verde) venisse raggiunto, l'AMOC diminuirebbe del 20% (valore mediano). Tuttavia, l'intervallo è compreso tra il -50% e il +30% circa. Fonte: Rapporto speciale dell'IPCC sull'oceano e la criosfera.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/ambiente/Le-correnti-oceaniche-sono-vicine-al-collasso--2490772.html
L’equilibrio oceanico alterato dai cambiamenti climatici
Rallentamenti o interruzioni delle correnti, acidificazione delle acque, alterazione degli ecosistemi, cambiamenti nei regimi di precipitazioni, riduzione dell’assorbimento della CO2 … come visto i cambiamenti climatici stanno influendo pesantemente sugli equilibri oceanici e le conseguenze anche per gli esseri umani possono essere stravolgenti.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/ambiente/Esiste-una-soluzione-all%E2%80%99acidificazione-degli-oceani--2664063.html
“L’innalzamento dei mari, che è già un dato di fatto, porterà ad esempio a un aumento delle inondazioni nelle zone più basse e a processi di erosione delle coste. Gli ecosistemi marini, particolarmente delicati, sono resilienti fino a un certo punto. A differenza degli esseri umani, che possono contare sulla tecnologia per affrontare gli aspetti negativi del cambiamento climatico, sono più vulnerabili. Un rallentamento dell’AMOC potrebbe ad esempio influenzare anche la circolazione oceanica profonda, riducendo l’apporto di nutrienti vitali nelle acque superficiali e danneggiando la biodiversità marina. Questo altererebbe la catena alimentare e influenzerebbe a sua volta l’industria della pesca. Guardando al nostro continente, le attività agricole in Europa dipendono dalla temperatura e dalle precipitazioni. Un aumento delle siccità dovuto all’indebolimento della corrente del Golfo potrebbe causare danni significativi al settore. Oltre all’innalzamento dei mari, anche l’aumento dei fenomeni estremi come uragani, tornado e siccità prolungate, potranno poi causare spostamenti demografici. Non è una novità, nella storia dell’umanità, i cambiamenti climatici hanno spesso portato a migrare. Oggi, però, questa soluzione non è più percorribile a causa della popolazione mondiale molto più elevata e della limitazione delle zone di comfort ambientale. Spostarsi per le vacanze è una cosa, ma cambiare luogo di vita non è così facile, basti pensare alle difficoltà attuali in Europa (e non solo) alle prese con le migrazioni. I cambiamenti climatici e le conseguenze su atmosfera e oceani comportano insomma, oltre a quelli ambientali, rischi sociali, economici e politici e le discussioni e le tensioni che potrebbero derivarne non devono essere sottovalutate” conclude Luca Nisi.

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